Finita l’occupazione degli occidentali in Afghanistan, sono arrivati al governo i Talebani. Nel giro di un tempo breve hanno fatto quello che gli occidentali non erano riusciti o, forse, non avevano voluto fare: ridurre le coltivazioni di papavero da oppio.
Dove siano finiti i soldi dei contribuenti finalizzati alla conversione delle colture e, in definitiva, cosa volevamo fare davvero, in tema di droga in Afghanistan, non lo sapremo mai, visto che, ad un certo punto, come eravamo arrivati, ce ne siamo andati.

Una ipotesi è che, durante l’occupazione, permettere il commercio di eroina, fosse utile anche per gli occupanti. Forse un modo per garantire l’accesso indisturbato a terre rare, come lantanio, cerio e neodimio, di cui il Paese è ricchissimo, ma anche alluminio, oro, argento, zinco, mercurio e litio. Chissà!

Ma ora molto è cambiato e importanti organizzazioni internazionali ci hanno già avvisato che la riduzione massiccia delle coltivazioni di papavero da oppio, potrebbe aprire la strada ad una eroina più pericolosa, perché maggiormente tagliata con altre sostanze, oppure all’arrivo di pericolosi oppioidi sintetici. Si aprono così ulteriori dubbi sui soldi spesi, precedentemente, per tentare, appunto, di ridurre le coltivazioni di papavero.

Fatto sta che, mentre stiamo aspettando l’arrivo del fentanyl da chissà dove, siamo invasi dalla cocaina ed anche il crack si diffonde pericolosamente assieme ad altre sostanze, mentre l’Afghanistan ha ridotto enormemente la possibilità di produrre eroina e si è convertito alla produzione ed alla esportazione mondiale di metanfetamina.

Ovviamente l’Europa è una delle destinazioni e si sono aperti percorsi di traffico con nuovi crocevia verso di noi e verso il medioriente, come l’Iraq.

Il finale di questa vicenda è ancora tutto da scrivere ma, senz’altro, la epocale “conversione” Afghana non sembra proprio legata a imperativi etici – religiosi, ma a ragioni di mercato. Un mercato che guarda al futuro: un futuro che progressivamente sembra abbandonare, per quanto riguarda il mass market, le droghe che hanno alla base una coltivazione agricola, per passare alle droghe sintetiche.

Una evoluzione della domanda dei consumatori? Probabilmente no. Sono, ormai, i mercati a decidere cosa si consuma, perché e dove. Noi europei siamo particolarmente influenzabili in questo senso e, soprattutto, abbiamo, rispetto ad altri, una solida ricchezza da dissipare. Soldi buoni, da spendere redistribuendo il reddito accumulato dalle famiglie nel corso di anni economicamente migliori di questi.

Considerando i flussi di danaro che spendiamo in droga ed antidroga, il periodo economicamente difficile, le spese militari ed altri fattori contingenti, la sensazione è che, in tempi non lunghi, rimarremo come in un titolo di un famoso film di Dino Risi: “Poveri ma belli”.

Il giudice Giovanni Falcone ci aveva insegnato che, per capire certe trame complicate, legate ai traffici criminali, bisogna seguire la traccia dei soldi. Normalmente pensiamo al dove i soldi vanno a finire ma, forse, ragionare anche su da dove vengono e perché, potrebbe aiutarci a comprendere come mai l’Europa sembra sempre più invasa da droghe, in parallelo ad una sua possibile, progressiva decadenza.

Lo scopo delle guerre è quello di sottomettere altri popoli, anche economicamente, ma non è detto che questo avvenga solo e sempre con gli eserciti in divisa ed armi convenzionali.

Così ci avviamo ad essere più poveri, per una serie di fattori diversi, ma anche per acquistare droghe riversate a tonnellate sui nostri mercati.
Ci permettono di vedere noi stessi migliori di ciò che siamo, senza fare nulla per esserlo per davvero e per costruire progresso, individuale e collettivo. Vediamo cosa succede nei luoghi più marginali, ma ignoriamo cosa accade, in modo diffuso, anche negli ambiti decisionali, critici ed integrati della società.
Forse, un giorno capiremo cosa sottende questa realtà.

Riccardo C. Gatti

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