UN Word drug day - People First: render this concept

 

 

Il 26 giugno si celebra la giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1987.

https://www.unodc.org/unodc/en/drugs/index-new.html

World Drug Day – 26 June

World Drug Day – 26 June

www.unodc.org

Un patrimonio “genetico” della giornata, difficile da gestire perché, il concetto di abuso di droga, sottintende la droga illecita, ma, nel mondo, le posizioni su quali siano le droghe illecite sono sempre meno univoche. Inoltre l’espressione “contro l’abuso” di droga ha sempre avuto un significato ambiguo, quasi come se il consumo di droghe illecite fosse considerato, automaticamente, come abuso. Più difficile è pensare che le Nazioni Unite siano contro l’abuso di droga, ma non contro l’uso.   

A scanso di equivoci (ma creandone altri), l’attuale sito dell’Office on Drugs and Crime delle Nazioni Unite definisce la giornata anche come “World Drug Day”, che davvero lascia spazio libero alle aspettative di ciascuno, ma le azioni delle Nazioni Unite e le Convenzioni internazionali, hanno sempre posto attenzione soprattutto al controllo delle sostanze illecite. Anche in tempi più recenti, nel 1997, nasce una Organizzazione delle Nazioni Unite, UNODC che deriva dalla fusione tra il Programma delle Nazioni Unite per il controllo della droga e il Centro per la prevenzione della criminalità- I suoi programmi hanno tuttora a che fare con azioni “per contrastare le droghe, la criminalità e il terrorismo”.

Aderendo a questa associazione logica di base, ed ai concetti derivati dalla “guerra alla droga”, a suo tempo dichiarata dagli USA, gli interventi preventivi, terapeutici e riabilitativi, sono così, almeno in parte, diventati, nelle strategie di azione degli Stati, una funzione subordinata alle azioni di contrasto alle droghe illecite, al “drug abuse control” e all’obiettivo, da raggiungere, di una Società Internazionale libera dall’abuso di droga (… “goal of an international society free of drug abuse”).

Basta, ad esempio, osservare la tipologia delle persone seguite dai nostri Servizi Dipendenze per accorgersi che è costituita, in maggioranza, da persone che consumano droghe illecite. Una consistente frazione di queste persone si rivolge al Servizio Sanitario, non tanto per ricevere cure, quanto per mitigare le restrizioni della libertà personale derivate da atti amministrativi collegati al possesso di droghe o da procedimenti penali, collegati a reati di vario genere, che prevedono alcuni benefici per chi, tossicodipendente, vuole accedere a cure, eventualmente in alternativa alla detenzione. Può essere una possibilità per intervenire a vantaggio della salute di persone che, altrimenti, non si sarebbero rivolte alla cura, ma potrebbe essere anche un cattivo impiego di risorse preziose dal Sistema Sanitario, più efficacemente dedicabili a chi davvero desidera curarsi. Rimane, anche, la constatazione che mentre, nel nostro Paese, i maggiori danni per la salute, sono derivati dalla diffusione dei consumi di sostanze lecite, l’azione dei Servizi del Sistema Sanitario, che si occupano di cure specializzate, connesse all’uso di sostanze, ed hanno esperienza ed organizzazione per farlo, finisce per essere indirizzata soprattutto ai consumi di quelle illecite. Inoltre, Organismi strategici ed Osservatori, mantengono una chiara separazione di competenze tra sostanze lecite, illecite e comportamenti additivi, con il risultato che nemmeno il quadro generale della situazione è completamente chiaro, considerando che diverse persone sono interessate da consumi o da comportamenti trasversali. 

D’altra parte oggi, in Canada e in diversi Stati USA, e non solo, la Cannabis è stata legalizzata, anche per scopi non terapeutici, così come, in modo diverso, in alcune altre nazioni. Qualcosa del genere sembra prepararsi per alcuni allucinogeni. La cannabis, tra le droghe illecite, è sempre stata la più diffusa. La diversa posizione di Stati importanti che ne hanno legalizzato l’uso non terapeutico, ha quindi spezzato la “frontiera logica” di ciò che si voleva combattere, per realizzare una “Società Internazionale libera dall’abuso di droga”. Il commercio legale di una droga, prima illegale, sta generando investimenti, ricchezza lecita, posti di lavoro ed entrate fiscali e c’è chi pensa che, investendo sulla sua diffusione, si possa generare un business simile a quello del tabacco nel secolo scorso, conducendo le persone verso consumi che fanno teoricamente (attenzione!) meno male di altri (concetto commerciale usato anche per il tabacco riscaldato).

Forse, anche per questo, gradualmente e sino alla giornata 2023, gli obiettivi del World Drug Day, sono diventati più fluidi e, infatti, 

“The aim of this year’s campaign is to raise awareness about the importance of treating people who use drugs with respect and empathy; providing evidence-based, voluntary services for all; offering alternatives to punishment; prioritizing prevention; and leading with compassion. The campaign also aims to combat stigma and discrimination against people who use drugs by promoting language and attitudes that are respectful and non-judgmental”. 

“Lo scopo della campagna di quest’anno è sensibilizzare sull’importanza di trattare le persone che fanno uso di droghe con rispetto ed empatia; fornire servizi ad accesso volontario, basati sull’evidenza (N.d.A. dell’efficacia del trattamento); offrire alternative alla punizione; dando priorità alla prevenzione; e gestendo con compassione. La campagna mira anche a combattere lo stigma e la discriminazione nei confronti delle persone che fanno uso di droghe promuovendo un linguaggio e atteggiamenti rispettosi e non giudicanti”.

Ho tradotto il testo a vantaggio di chi non conosce l’inglese, spero nel modo migliore, ma nel testo originale ci sono parole chiave che sottendono concetti importanti collegati tra loro non sempre facilmente traducibili nel reale significato complessivo: respect, empathy e leading with compassion. In particolare la “compassionate leadership” è un termine relativamente recente, utilizzato anche in ambito business, quando empatia e carisma sono utilizzate per attuare azioni concrete di interesse per gli altri e per la comunità. Qualcosa di differente, quindi, dal concetto di commiserazione, compatimento e misericordia, che potrebbe derivare da una traduzione letterale. 

 Leggere queste cose nelle pagine dell’Ufficio contro la droga e il crimine, nato per “per contrastare le droghe, la criminalità e il terrorismo” mi pare la conferma di una svolta, sebbene arrivata per gradi. Rimane il fatto che il tutto il contesto resta riferito a chi abusa di droghe illecite, mentre avrebbe più senso se riferito al consumo di tutte le droghe, alla salute ed all’assistenza dei cittadini e uscisse, quindi, anche in sede ONU, dall’ambito del contrasto al traffico di droga ed alla criminalità, per entrare, completamente, anche a livello delle Nazioni Unite, in quello della tutela della salute, della cura e del prendersi cura. 

Una delle ragioni dello stigma, che le Nazioni Unite si propongono di combattere, è proprio l’assimilazione del “drogato” (da droghe illecite), ad una sorta creatura ibrida a cavallo tra il malato mentale pericoloso e il deviante / criminale. Una persona da “contenere”, perché, forse, capace di intendere ma non di volere. Non per nulla, anche da noi, i Servizi Dipendenze, sempre più spesso inseriti nell’ambito della Psichiatria e, in generale, il Sistema di Intervento nel suo complesso, se cercano giustamente strade per indurre trattamenti precoci, meno facilmente si strutturano, pensando a percorsi efficaci di uscita da trattamenti che prevedano una conclusione, non una cronicizzazione. Guarda caso, questo è più vero per le dipendenze da sostanze illecite, meno per le dipendenze da alcol, ancor meno per il tabagismo le dipendenze da farmaci e le dipendenze comportamentali che, in proporzione decrescente, attraversano la popolazione dei Servizi di cura ma, probabilmente, hanno una distribuzione molto diversa nella popolazione generale. Anzi, il tabagismo, spesso compresente con altre forme di dipendenza, non sempre viene preso in considerazione pur avendo gli esiti sulla salute che tutti, teoricamente, dovremmo conoscere. Si tratta di differenze conseguenti all’effetto mentale e fisico delle diverse sostanze, oppure di differenze di approccio culturale legislativo ed organizzativo, ai problemi di salute delle persone che finiscono per determinare anche chi si rivolge alla cura e perché?       

 Si tratta di problematiche molto importanti. Nel tempo si è passati da concetti che legavano l’uso di droghe illecite ad azioni necessariamente di contrasto, a intendimenti che mettevano l’accento sulla necessità del trattamento sanitario, anche come alternativa a sanzioni ed a restrizioni della libertà, ad altri che, oggi, mi sembrano, dalla posizione delle Nazioni Unite, più vicini al rispetto delle scelte individuali, all’atteggiamento non giudicante nei confronti di chi usa droghe ed alla promozione di possibilità che, da come sono espresse, non paiono più vie obbligate, verso l’obiettivo di una società libera da droghe.     

 È presto ed anche imprudente pensare che stiamo passando da un’era dove la droga era considerata il pericolo pubblico N.1 (Nixon) ad un’altra dove la società impara a convivere con le droghe oggi illecite, o alcune di queste, così come ha fatto con l’alcol o il tabacco. Ma non possiamo nemmeno più dire che non ci sia un circoscritto spostamento in questa direzione, anche se le due posizioni rimangono ideologicamente inconciliabili.    

D’altra parte se lo stesso Osservatorio Europeo, nella relazione sulla situazione della droga in Europa sino al 2023, titola “OVUNQUE, TUTTO, TUTTI – La complessa sfida di affrontare i problemi contemporanei legati alla droga”, viene naturale pensare che le strategie attualmente in atto, ammesso che ci siano, e non siano semplicemente il frutto di azioni automatiche, derivate da intendimenti provenienti dal passato, vadano ripensate. Se i proponimenti per il World Drug Day, siano un segnale che prevede la necessità di un cambiamento, oppure rappresentino solo una fluidità necessaria per trovare un equilibrio tra gli intendimenti di Stati le cui posizioni si vanno sempre più divaricando, è cosa tutta da scoprire.

 In ogni caso, cambiamenti importanti sono in atto. Cambiano i significati delle sostanze e della loro penetrazione, negli usi di nazioni e continenti. Cambiano le leggi che definiscono ciò che è legale e ciò che non lo è. Cambiano, ampliandosi, le possibilità di produzione di droghe, di qualunque genere. Esistono, in farmacia e sul mercato clandestino, sempre più farmaci che possono essere usati anche per alterarsi, a scopo non terapeutico. Esistono investimenti non indifferenti per trasformare droghe illecite in farmaci e/o in droghe lecite, creando nuovi mercati ed entrate fiscali. Sembra quanto mai attivo l’antico uso della diffusione di sostanze, usate come armi non convenzionali, per conflitti asimmetrici o per la destabilizzazione di Paesi avversari. Cambiano, anche in questo settore, i modi di proporre prodotti e indurre propensioni al consumo. 

Si tratta di cambiamenti di fronte ai quali, l’inerzia, l’attendismo, l’ignoranza, l’incompetenza ed il gusto di scontrarsi, non pagano. Non si tratta di creare nuovi slogan, o di indire nuove crociate, ma di analizzare la situazione, cercare di prevederne l’evoluzione e pensare a nuove strategie, e modalità di intervento per tutelare la salute delle persone. Questo senza dimenticare, in senso più esteso e pensando alla diffusione di droghe come strumenti di destabilizzazione e di sopraffazione, alla tutela di  principi che hanno a che fare con la libertà e la democrazia.

Il mondo cambia velocemente ed il nostro modo attuale di affrontare i problemi connessi all’uso di droghe lecite ed illecite, potrebbe, presto, rivelarsi inadeguato o insufficiente. Siccome soluzioni facili per problemi complessi non esistono, è meglio muoversi per tempo per evitare di trasformarci da artefici a vittime del futuro. Un futuro in cui potremmo rimpiangere le “droghe di una volta” ed i pensieri semplici su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, fino ad averne nostalgia. In questo senso non dimentichiamo lo slogan “People First”, ma cerchiamo di renderlo concreto nella nostra realtà. Ci sono un sacco di cose da fare.    

Riccardo C. Gatti