Statista italiano che pensa al futuro assieme ai sui collaboratori

 

E se in tema di droghe, al posto di proclami e vuoto mentale, avessimo bisogno di statisti? 

Se c’è una cosa che viene sacrificata dal nuovo mondo interconnesso è il pensiero complesso, con la capacità di risolvere problemi nuovi. Non per nulla le intelligenze artificiali che possono operare secondo un ragionamento analogico, identificando similitudini tra un nuovo problema e uno simile già affrontato in precedenza, superano alcuni test meglio degli umani. 

Faccio un esempio. Ho chiesto a CHATGPT di scrivere in poche righe, come affrontare il problema della diffusione di droghe. Ha risposto così: “Affrontare il problema della diffusione di droghe richiede un approccio multidimensionale. È essenziale investire in prevenzione attraverso l’istruzione e la sensibilizzazione, migliorare l’accesso ai servizi di salute mentale, rafforzare l’applicazione delle leggi e fornire opportunità di riabilitazione per gli individui colpiti. La collaborazione tra autorità, comunità e organizzazioni è fondamentale per affrontare questo problema complesso”.  

Si tratta del medesimo pensiero che viene normalmente espresso da politici, esperti ed anche da comuni cittadini, facilitati dal fatto che i social ed i talk show hanno tempi e modi che lasciano poco spazio agli approfondimenti. Le uniche variabili importanti si hanno nel bilanciamento generale del discorso, dove, per alcuni, tutte le droghe devono essere vietate, perché fanno male, mentre, per altri, tutte le droghe dovrebbero essere legalizzate, per garantire ai consumatori la qualità dei prodotti e contrastare i proventi delle organizzazioni criminali. Per i primi la legalizzazione della cannabis, sarebbe il cavallo di Troia, per legalizzare tutte le sostanze, per i secondi il minimo indispensabile per separare i mercati delle droghe “leggere”, da quelle pesanti e danneggiare, comunque, la criminalità. Anche il dibattito politico e tra cittadini si ferma qui. 

Qualche giornalista, intellettuale o clinico, di tanto in tanto, esplicita che all’interno del dibattito sulle droghe ci sarebbe oggi la possibilità di affrontare meglio il tema della regolamentazione e della definizione dei contesti e delle modalità d’uso di queste sostanze. Forse non si accorge che, almeno nel nostro Paese, quando si affronta il tema, normalmente finisce a “mazzate” tra fronti contrapposti, anche con l’accompagnamento di dotte citazioni, richiami (naturalmente solo quelli ritenuti opportuni) alle statistiche e, più in generale, alla scienza . Questo dimenticando che la scienza non è strutturata per dare risposte politiche: caso mai, è strumentalizzata per giustificarle,  soprattutto quando, di una norma, di una azione o di un progetto, non vengono esplicitati a priori gli obiettivi esatti, una stima dei costi, dei vantaggi e  dei danni, assieme alle modalità attuative ed alla tempistica con gli indicatori di verifica dei risultati in itinere che si vogliono ottenere. 

Probabilmente, per questo, non solo il dibattito è fermo agli anni ’90, quando tutto il mondo, intorno, è cambiato, ma anche una intelligenza artificiale finisce per scrivere cose che appaiono sensate e potrebbero essere inserite nel programma di qualunque Amministrazione, basandosi sul passato, senza conoscere il presente e non avendo alcuna capacità di immaginare l’evoluzione degli scenari in atto. Infatti, a proposito dell’evoluzione del mercato delle droghe e della azione conseguente,  CHATGPT  ha scritto così:

L’evoluzione del mercato delle droghe è complessa e può variare a seconda delle regioni e delle politiche adottate. Tuttavia, alcune tendenze probabili includono l’uso sempre più diffuso delle vendite online e di criptovalute per il commercio di droghe, la ricerca di nuove sostanze psicoattive e la continua lotta delle autorità per regolamentare e contrastare questo mercato illegale. L’approccio per affrontare queste sfide richiederà una combinazione di leggi più rigorose, cooperazione internazionale e interventi basati sulla salute pubblica”.

E’ solo una “supercazzola”, valida per un talk o una conferenza, in una festa di paese? Probabilmente si, ma realistica e convincente, a meno che non si voglia ragionare in modo diverso da una intelligenza artificiale, uscire dagli schemi, analizzare seriamente i problemi che abbiamo e cercare di trovare, per ciascuno, specifiche soluzioni, anche esaminando la loro evoluzione, in possibili scenari alternativi. 

Non è un atteggiamento mentale facile, perché richiede di accettare davvero che ogni percorso possibile, ha vantaggi e svantaggi, e che non esistono scelte che, andando oltre ai proclami, vanno bene per tutto. Inoltre, ogni scelta, in questo campo, ha conseguenze potenzialmente differenti nel breve, nel medio e nel lungo termine e, quindi, esce dal campo temporale di chi l’ha proposta ed avviata. 

Per questo il nostro pensiero strategico è debole rispetto alla complessità del problema, mentre gli stakeholders dei mercati leciti ed illeciti sono molto operativi ed efficienti nel far sì che rimanga tale, sia a livello italiano che internazionale, visti gli enormi interessi economici in gioco. Pensiamo, ad esempio, allo schieramento palese che si è creato, solo in relazione alla possibilità di mettere sulle bottiglie di alcolici avvertimenti sui possibili danni per la salute. Gli schieramenti non palesi, riguardo alle sostanze lecite ed illecite, sono meno visibili, ma non meno importanti.  Divide et impera è una frase latina il cui significato è dividi e comanda; si tratta di un motto che la tradizione attribuisce, non in lingua latina, a Filippo II di Macedonia, ma la sua origine non è del tutto certa. Ciò che è certo, invece, è che le divisioni in questo campo, non solo ideologiche, ma anche meramente organizzative, sono evidenti, anche nell’analisi dei fenomeni e nella definizione di centri decisionali che dovrebbero elaborare strategie e linee di intervento. Per quanto, poi, riguarda strettamente la salute, una sintesi viene demandata dal centro alla periferia, con Servizi Dipendenze che, nella maggior parte dei casi, lavorano, da sempre, in condizioni operative difficili. Condizioni che, forse, non a caso, da sempre sono appena sufficienti per intervenire sulle situazioni  più critiche e sul contenimento della cronicità e, quasi mai adatte per poter influenzare realmente la realtà locale, anche in senso preventivo.  

Di cosa abbiamo bisogno? 

“Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese”. Non ho capito se questa frase sia attribuibile ad Alcide De Gasperi o al teologo statunitense James Freeman Clarke, ma sicuramente, c’è una carenza di statisti che sviluppino un pensiero ed una azione in questo ambito. Anche se, forse, gli statisti sono una specie estinta o in estinzione, un po’ come gli intellettuali. Vero è che gli interessi economici in gioco sono così importanti e vasti e la domanda di droghe è così forte che, ormai, i Governi ed i Parlamenti, riescono al massimo a determinare entro quali confini, leciti o illeciti, le sostanze possono essere vendute, non molto di più. Ma anche se la parola “statista” ha un sapore antico, il concetto che sottende è assolutamente attuale. In un mondo che non è più quello di una volta, in questo come in altri campi, determinate scelte hanno bisogno di contesti di pensiero e di elaborazione strategica, effettivamente in grado di guardare avanti e non indietro, pensando alla tutela delle prossime generazioni ed agli interessi del Paese. Ma se servono statisti più che politici anche l’atteggiamento generale della politica e della popolazione non può continuare a rimanere sterilmente conflittuale. Può far comodo a tutti adottare lo schema dei talk show (o anche dei social), in cui qualcuno esprime una posizione e qualcun altro la smonta, dopo averla ascoltata, sorridendo con un’espressione di compatimento. Questo perché è il miglior modo per non fare nulla o per rallentare qualsiasi percorso, per non prendersene la responsabilità. La lentezza “istituzionale”, è sempre stata un utile meccanismo di stabilizzazione, nei secoli passati. Oggi non è più utile, perché gli scenari in cui siamo immersi, si stanno muovendo molto più velocemente di un tempo, assieme alle azioni dei mercati. Il sospetto, poi, che la diffusione di determinate sostanze, possa essere anche utilizzato a scopi di destabilizzazione o abbia, comunque, un effetto destabilizzante, simile ad azioni terroristiche, non è così infondato. Basta vedere cosa sta accadendo negli Stati Uniti con Fentanil e Xilazina. 

Tra l’altro è curioso notare come le sostanze che in questo momento provocano i maggiori disastri in molte parti del mondo, in tema di salute, non sono droghe illecite. Alcol, Tabacco, Fentanil e Xilazina, sono sostanze lecite (Fentanil e Xilazina sono farmaci, il secondo per uso veterinario, regolarmente prodotte e regolamentate, anche se sul mercato si trovano di produzione clandestina, assieme ad altri farmaci psicoattivi di vario genere). Quindi una riflessione a tutto campo e senza pregiudizi, andrebbe aperta, per trovare nuovi modi di affrontare la questione droghe o anche, se è così, per comprendere, che non abbiamo la possibilità, di arginare, più di tanto, una situazione che genera enormi ricchezze, ma anche enormi problemi a milioni di persone. 

Potrebbe anche essere, però, che senza imposizioni ed espressioni di guerra o gigantesche illusioni, si crei un fronte culturale che vuole lasciare alle prossime generazioni ed al Paese, un atteggiamento diverso nei confronti dell’uso di droghe e che lavori per costruirlo. Certo, oggi abbiamo bisogno di statisti più “veloci” di un tempo, probabilmente più preparati, assieme ai loro collaboratori e sostenitori, per modulare una realtà fluida, in cui gli scenari cambiano mentre li si osserva. Il mondo cambia velocemente, ma non è detto che debba farlo, necessariamente, in peggio. Storicamente gli statisti e chi era con loro, hanno percorso strade, verso ciò che sembrava un’utopia, sino a quando non sono riusciti davvero a cambiare la realtà. Non succede tutti i giorni, ma, quando succede, c’è sempre qualcuno che dice: “bisognava pensarci prima”! 

E se, il prima, fosse già adesso? 

Riccardo C. Gatti