La droga è merda?
“La droga è merda” come dicono Brumotti e Salvini e, quindi, è meglio evitarla, perché fa male. Problema risolto? Non è così semplice. Come mai milioni di persone finiscono per abbracciare consumi che, prima o poi, possono peggiorare le loro condizioni di vita?
C’è chi sostiene che il tutto sia la conseguenza di politiche di guerra alla droga: non sono le droghe a far male ma il fatto che sono in mano alla criminalità. Qualche ragione potrebbe averla, se non fosse che alcol, tabacco e alcuni farmaci, a cui nessuno fa guerre proibizioniste, stanno provocando stragi.
Quanto provocato da alcol e tabacco dovrebbe essere già storia nota. Ma i farmaci?
La situazione Nord americana, il fentanil … e noi
La situazione Nord americana è emblematica: sono anni che le overdosi mortali da altre droghe raggiungono numeri imponenti e la tendenza non sembra calare.
Gli imputati sono diversi: i cartelli delle droghe, ovviamente, ma anche le case farmaceutiche ed i medici che hanno prescritto con troppa facilità farmaci oppioidi in un recente passato, facendo crescere la popolazione dei tossicodipendenti. Ma c’è anche chi mette in dubbio il modello di sviluppo americano rispetto al reale benessere delle persone ed il funzionamento di un sistema sanitario e sociosanitario che non sarebbe in grado di arrivare dove dovrebbe, per curare e prendersi cura di chi ne ha bisogno.
Non basta, nel bel mezzo di una crisi in cui si rischia un conflitto mondiale, il Segretario di Stato USA riapre un dialogo con il Governo cinese e si scopre che uno degli argomenti trattati è proprio il controllo dei precursori che, prodotti in Cina, finiscono in Messico. Servono per produrre clandestinamente fentanil e derivati: oppioidi sintetici che sono collocati sul mercato dello spaccio in USA e Canada: per la loro potenza, sono alla base delle morti per overdose. Parliamo di decine e decine di migliaia di morti ogni anno: pensare ad una sorta di guerra asimmetrica che usa le sostanze come strumento di destabilizzazione, è solo “complottismo”?
La narrazione complessiva è che la produzione del fentanil costa poco ed essendo un oppioide molto potente, è più facile da occultare e movimentare, perché basta trasportarne quantitativi molto piccoli per accontentare molti clienti. Garantisce, così, guadagni altissimi ai criminali che lo distribuiscono. Ciò che si comprende meno è perché in USA e in Canada viene diffuso massicciamente e, ad esempio, in Europa, (ancora?) no.
Di fatto in Nord America stanno facendo di tutto per contenere il problema, ma ad aggravare la situazione il fentanil, viene spesso unito alla xilazina, un sedativo per uso veterinario che ne prolungherebbe l’effetto piacevole ma che, a sua volta, facilita le overdosi e non risponde agli antidoti degli oppiacei. Da notare però che fentanil e xilazina non sono, in origine, droghe illecite, ma farmaci che sono regolarmente venduti e regolamentati.
Nel frattempo quella che sembra quasi una epidemia, inizia a diffondersi anche in alcune città di confine del Messico e c’è chi teme che sia l’inizio di una diffusione verso il Sud America dove ci sono organizzazioni che potrebbero essere interessate alla diffusione del prodotto localmente ma anche utilizzando le stesse vie dei carichi di cocaina verso l’Europa dove la sostanza arriva ormai a tonnellate. In USA e in Canada, infatti, sempre più consumatori già utilizzano insieme fentanil e cocaina o metamfetamina (con conseguenti overdosi in crescita).
Comprendere la complessità
In molti sostengono che tutto ciò rappresenti la sconfitta definitiva della guerra alla droga dichiarata da Nixon nel 1971. Di fatto anche in Europa, ormai ci si aspetta che accada qualcosa: tra i primi a lanciare l’allarme è stata la Commissaria europea agli Affari Interni Ylva Johansson, nell’ottobre 2023, guarda caso, dopo aver incontrato, a Bruxelles, i ministri dell’Interno di 14 Paesi dell’America Latina. Non sembra, però, che il suo allarme abbia destato una risonanza particolare, anche se il nostro Governo ha appena annunciato un piano nazionale contro l’uso improprio di Fentanyl.
Nel frattempo, i Talebani hanno quasi soppresso la produzione del papavero da oppio in Afghanistan: era la base per la produzione di eroina. Difficile capire se si tratti di una scelta politico-etica, oppure commerciale, considerando che l’eroina, nel confronto di oppioidi a basso costo più potenti e prodotti in laboratorio, come il fentanil e non solo, potrebbe avere un futuro incerto. La conseguenza della carenza di eroina potrebbe, così, accelerare l’immissione sul mercato europeo di oppioidi sintetici.
In questo momento, da noi l’eroina, allo spaccio, costa molto poco. Potrebbe essere strano, pensando al progressivo esaurimento delle scorte di eroina afghana. Ma lo è meno se lo si pensa come una promozione per ingaggiare nuovi clienti a cui necessariamente vendere altri oppioidi, più redditizi, quando finiranno le scorte.
Complessivamente, quindi, siamo di fronte ad una situazione molto complessa in cui si intrecciano situazioni geopolitiche in mutazione, conversioni di mercati, interazioni di blocchi di potenze mondiali e tendenze dei consumatori verso cocktail di sostanze sempre più diversificate e potenti, alcune delle quali sono, in origine farmaci leciti, non droghe illecite. Anche il Ministero della Salute ha recentemente richiamato chi opera con questi farmaci ad una maggiore attenzione nei confronti di furti e di ricette contraffatte (o estorte) che sembrano, quindi, non poche.
Rimpiangeremo le droghe, quelle di una volta?
La presa di coscienza di tutto ciò pare ancora vaga. Anzi le proposte politiche che si vedono, in tema di droga, sembrano fatte apposta per provocare i no del fronte opposto. Più che altro, in Italia e non solo, ci si muove attorno alla possibilità di legalizzare o meno la cannabis e tutto si ferma lì: si ignora tutto il resto, con la possibilità che il consumo di sostanze psicotrope possa nel frattempo, diventare una emergenza mondiale assieme all’emergenza climatica ed ai conflitti.
La Germania, ad esempio, si muove verso una prudente legalizzazione della cannabis ma, nel frattempo, vede, come da noi, un aumento consistente della diffusione di crack (derivato della cocaina molto pericoloso dal punto di vista fisico e mentale). E, attenzione, alcuni progetti sperimentali, hanno già rilevato la presenza di fentanil nel 3,6% dei campioni di eroina di strada analizzati.
Da noi ricompaiono, nelle cronache, le “madri coraggio” che denunciano i figli, i sacerdoti che operano nei quartieri a rischio, i convegni pieni di buone intenzioni, gli eroi di una guerra che da tempo non c’è più e si parla di droga come negli anni ’90, ai tempi di Muccioli e Pannella. Stessi argomenti, analoghe contrapposizioni, quasi che nulla, da allora, fosse cambiato. Non è così, ma è ciò che basta per evitare di mettere assieme saperi politici e conoscenze tecniche in modo bipartisan, per analizzare la situazione e cercare di porre argini ad una possibile ondata che potrebbe travolgerci.
Soprattutto manca una strategia complessiva, in Italia e in Europa, che ci unisca per trovare soluzioni che riguardano si, la repressione dei traffici illeciti ma, prima di tutto, la salute, il benessere e la cura delle persone.
Andrebbe compreso che la nostra inerzia su questi temi, rispetto al rapido cambiamento in atto degli scenari mondiali, rappresenta un pericolo. Il passo successivo sarebbe agire di conseguenza: ciò che stiamo facendo funziona solo in parte, o non funziona. Non è semplice ammetterlo, ma dobbiamo farlo, per non contribuire al nascere di una nuova emergenza che ci porti a rimpiangere le droghe, quelle di una volta.
Riccardo C. Gatti
una versione di questo articolo è stata pubblicata su Il Riformista del 13,2,2024