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In rete e sui social (con tanto di prese di posizione degli haters), gira un video del Ministro dell’agricoltura, Lollobrigida che esprime un paradosso, per giustificare la sua posizione, parlando del fatto che anche l’abuso di acqua può essere pericoloso:

1) c’è un prodotto il cui abuso può non produrre danni ?

2) bisogna riportare il contesto europeo alla ragione (rispetto alla volontà di porre etichette sulle bottiglie di vino che avvertano dei possibili danni connessi al suo consumo).

Si tratta di un problema non banale. Il ministro sembra affermare che non è il consumo, ma solo l’abuso di vino che, come l’abuso di qualunque sostanza, può far danni. D’altra parte arrivano costantemente informazioni, anche tramite studi scientifici, rilanciati dai media, che certamente non aiutano i cittadini a comprendere il problema. Una situazione confusiva che ricorda ciò che succedeva, anni fa, per il fumo di sigaretta: situazione che, vista oggi, a posteriori, suscita, non pochi interrogativi.

Personalmente, mi pare ragionevole la posizione espressa sul sito fondazioneveronesi.it in un articolo che, non a caso, è intitolato “Bere poco alcol fa bene alla salute? Ecco dov’è l’errore”, dove è scritto : “In generale, le principali agenzie di salute pubblica sono concordi nel dire che non esiste un consumo benefico di alcolici, né un consumo innocuo di alcolici, di qualunque tipo. L’alcol in sé è una sostanza tossica e cancerogena. Il danno alla salute è ovviamente proporzionato alle quantità, e ci sono livelli di consumo che possono essere considerati a basso rischio per adulti in buona salute”.

Basso rischio non significa nessun rischio ed è proprio qui che si pone il problema di come avvertire i consumatori.

Dal punto di vista commerciale la presenza di una etichetta sulle bottiglie che parli del vino come possibile generatore di cancro o di altre malattie, viene fortemente avversata, così come una possibile tassazione aggiuntiva, per diminuirne il consumo. Ciò che potrebbe diminuire i consumi le vendite di vino viene visto e descritto come un attacco e diversi nostri politici si schierano a difesa del prodotto e dei produttori.

Ma, ritornando alle affermazioni di Lollobrigida sul fatto che l’abuso di qualunque sostanza, anche l’acqua, produce danni e considerando che un consumo moderato di alcolici ne diminuisce il rischio, ma non lo elimina, viene da chiedersi quale sia il punto di equilibrio delle regole che riguardano la produzione e la vendita di sostanze (e droghe) diverse.

Viene, ad esempio, alla mente la disputa sul CBD o, volendo, quella mai risolta, sulla legalizzazione della cannabis, oppure, ancora, la considerazione (provocatoria?) di Gustavo Pedro, presidente della Colombia: “La cocaina è illegale perché viene prodotta in America Latina, non perché rappresenti qualcosa di peggio del whisky”.

Viene da chiedersi, cioè, cosa prevale nel momento in cui si definiscono regole, norme e leggi: le tradizioni, gli interessi commerciali ed economici, la tutela della salute, la necessità di trovare consensi, altro? Non ho idea di come la politica risolverà la questione ma mi viene in mente una frase attribuita a Otto von Bismarck (Im Reichstag: 15.3.1884): La politica non è una scienza, come molti fra i signori professori s’immaginano, ma un’arte.

Appunto!

Riccardo C. Gatti