In un articolo di oggi su il Riformista che presenta un volume contenente anche un saggio di Massimiliano Panarari (“Propaganda” di Denis McQuail ed. Treccani-Voci) leggo:
– La disamina di Panarari, puntuale nella sua complessità, arriva a fissare i criteri fondamentali che ha assunto oggi la propaganda/manipolazione anche sulla scorta delle riflessioni di McQuail: «La menzogna; la censura e la negazione delle informazioni oppure la sua selezione in un’ottica strategica; l’esagerazione; gli appelli affettivi e all’emozione (volti a suscitare desiderio oppure a instillare paura); il ricorso a una retorica linguistica o a una narrazione visuale che sollecitano direttamente o, comunque, privilegiano gli aspetti non razionali della comunicazione». In questo senso si può dire che tutti questi elementi «oltrepassano o stravolgono programmaticamente i criteri dell’argomentazione razionale, presentandosi come “armi emozionali”, nozione alla quale sono fondamentalmente ascrivibili anche le fake news». –
L’articolo é interessante anche perché, nell’era attuale, siamo invasi di comunicazioni e di messaggi ma, poco, riflettiamo sul loro significato, sulla loro funzione e, spesso, non siamo messi nella condizione di distinguere l’informazione dalla propaganda.
L’articolo non parla di droghe e dipendenze ma mi ha dato occasione di riflettere.
Per esempio, basterebbe pensare a quanto ci viene comunicato in tema di droga, per renderci conto della presenza di alcuni elementi quasi costanti: “l’esagerazione; gli appelli affettivi e all’emozione (volti a suscitare desiderio oppure a instillare paura); il ricorso a una retorica linguistica o a una narrazione visuale che sollecitano direttamente o, comunque, privilegiano gli aspetti non razionali della comunicazione”.
Da una parte abbiamo “droghe”, e “dipendenze”, spesso rappresentate come un mostri infernali che rischiano di annientare intere generazioni, ma, dall’altra, abbiamo ciò che sembra quasi essere un insieme di redazionali che ci parlano di sostanze o comportamenti che “spopolano”, per esempio, tra i giovani e non solo. Quasi che questi comportamenti fossero di moda e facessero davvero tendenza, in modo diffuso, anche quando non è così.
Gli aspetti razionali della comunicazione passano in secondo piano, anche attraverso la mancanza di dati oggettivi o di informazioni essenziali per inquadrare correttamente ciò di cui si sta parlando.
Viene così da chiedersi se ci troviamo di fronte ad “armi emozionali”, utilizzate a scopo di propaganda e manipolazione.
Una specie di sfida a chi riesce a manipolare di più, con tutte le conseguenze del caso:
– una sorta di “confusione”, in cui non si riescono più a riconoscere i reali pericoli che è necessario fronteggiare;
– una sorta di rassegnazione, di fronte a continue emergenze che finiscono per abbassare l’attenzione.
Risultato: ci accontentiamo di sapere che qualcuno faccia qualcosa, tanto di fronte alle diffusione di droghe, dipendenze e comportamenti additivi, indotti dai mercati, in realtà, nulla è veramente efficace (o almeno questo dobbiamo credere).
Chi ci ha manipolato é, quindi, nella condizione migliore per operare come crede, col nostro consenso attivo o passivo.
Riccardo C. Gatti