Subito dopo l’Insediamento, Trump ha firmato un executive order, individuando i cartelli della droga come organizzazioni terroristiche.
Come riferisce Formiche.net, il decreto firmato da Trump menziona i cartelli della droga messicani e altri gruppi criminali latinoamericani come la banda venezuelana Tren de Aragua e quella salvadoregna MS-13, definendoli “una minaccia per la sicurezza del popolo americano, la sicurezza degli Stati Uniti e la stabilità dell’ordine internazionale nell’emisfero occidentale”.
Di fatto questo potrebbe preludere ad interventi molto consistenti, ad esempio, della CIA e delle Forze Armate oltre che al rafforzamento delle azioni già in atto, anche chiamando a raccolta gli alleati dell’emisfero occidentale.
In pratica sarebbe la seconda guerra alla droga degli USA, dopo quella dichiarata da Nixon nel 1971. Questa nuova guerra alla droga si muove, però, anche attraverso modalità non convenzionali, per esempio l’applicazione di dazi nei confronti dei Paesi esteri che sembrano, in qualche modo, non contrastare o addirittura favorire indirettamente il narcotraffico. Riuscirà Trump a ottenere dei risultati?
La prima guerra alla droga USA, dichiarata da Nixon, e che aveva coinvolto gli alleati occidentali, non ha dato mai risultati entusiasmanti, tanto è vero che si è arrivati alla situazione attuale.
A mio parere il fallimento della prima guerra alla droga USA è spiegato da quanto espresso nel luglio 2024 da questa frase scritta da Nora Volkow, che dirige il National Institute on Drug Abuse, sul suo blog: “Le persone con un disturbo da uso di oppioidi (OUD) hanno urgente bisogno di un trattamento non solo per proteggerle dal sovradosaggio, ma anche per aiutarle a raggiungere il recupero, ma farmaci altamente efficaci come la buprenorfina e il metadone rimangono sottoutilizzati. In mezzo a questa crisi, è fondamentale che il metadone, in particolare, sia reso più accessibile, in quanto può avere vantaggi clinici unici nell’era del fentanil”.
Ora, il fatto che i trattamenti con farmaci efficaci ed il metadone in particolare, non siano sufficientemente accessibili, in Stati che vedono, da anni, ogni giorno, morire i propri cittadini per overdosi da oppioidi, rimane inaccettabile e, in un certo senso, inspiegabile. Si tratta di un netto indicatore di una debolezza strutturale dell’impianto antidroga statunitense: investimenti ingentissimi in apparati ed azioni, anche in ambito internazionale a livello di intelligence, di forze militari e di un corpo di polizia dedicato, la DEA, ma debole investimento nella strutturazione di trattamenti dedicati ai tossicodipendenti accessibili (gratuiti) e diffusi sul territorio.
Insomma se, per dirla alla Nixon, la droga era individuata e, forse, ancora lo è, come “nemico pubblico numero uno”, pensare di affrontare questo nemico solo dal punto di vista dell’offerta, ma non di quello della domanda, e della tutela della salute, fatte salve le azioni repressive sui consumatori che forse hanno prodotto ancora più danni, è stato un grave errore. Trump ripeterà il medesimo errore?
Adesso è difficile dirlo: molte decisioni dipenderanno anche dai suoi consiglieri. Ma, tra l’esplorazione dello spazio e tutto ciò che può far grande l’America, il rischio che il tema della salute e del destino di chi usa droghe, possa passare, ancora una volta, in secondo piano, esiste.
Questo considerando, e non è un fatto secondario, che, vista la situazione che perdura da diverse Amministrazioni, compresa quella passata di Trump, esiste un establishment USA a cui può andare bene che vengano messe in atto azioni spettacolari e ci siano investimenti in apparati, intelligence ed enforcement, basta che, internamente, le cose restino così come sono. Altrimenti, dopo anni di overdosi, una miglior accessibilità ai trattamenti, e una miglior tutela della salute per chi utilizza droghe o ne è dipendente, sarebbero state messe in atto e non solo auspicate.
Riccardo C. Gatti