Ci siamo, dopo che la precedente legge sulla droga era stata abrogata dalla Corte Costituzionale perchè la sua conversione era stata, a suo tempo, incorporata nel decreto sulle Olimpiadi Invernali di Torino, ne è stata varata una nuova o, meglio, una revisione della precedente.
Diversi i commenti che hanno preceduto la revisione e che si sono concentrati essenzialmente su due punti: la distinzione tra la cannabis e le altre droghe illecite, fortemente voluta da alcuni almeno tanto quanto osteggiata da altri ed una sostanziale ed, anche qui, contrastata revisione della norma, tale da rendere meno “pesante” il reato di piccolo spaccio.
Forse necessaria ma, anche qui, particolare, la necessità di porre la fiducia per far passare rapidamente la norma che, probabilmente, come l’inserimento fatto a suo tempo nel decreto sulle Olimpiadi lascia intendere che il consenso a livello parlamentare rimane, trasversalmente agli schieramenti, dubbio e controverso. La necessità di non lasciare vuoti legislativi viene, così, trasformata in virtù, ma non senza qualche perplessità.
Straordinario il colpo di scena di Carlo Giovanardi, fino ad un attimo prima, secondo alcuni, il nemico che doveva essere sconfitto dal nuovo Governo con un sostanziale cambio legislativo, che diventa improvvisamente relatore al Senato della nuova legge, dichiarandosi essenzialmente soddisfatto delle nuove scelte. Altrettanto sorprendente l’idea, rimasta in sospeso, di distinguere la cannabis “leggera” da quella “pesante” che, se applicata alla concentrazione anche di altre sostanze, potrebbe aprire orizzonti inaspettati quanto di complicata gestione.
Tutti contenti salvo gli opposti “estremisti” dunque? Forse, oppure (più probabilmente) tutti scontenti ma non in grado di fare diversamente.
Così, senza nemmeno sentire la Conferenza Nazionale prevista dalla legge, che ogni tre anni avrebbe avuto proprio il compito istituzionale di aggiornare il Parlamento sugli esisti della applicazione della legge stessa, si apre un nuovo capitolo che assomiglia a quelli precedenti. Tra il bastone dei divieti e la carota della cura dal 1975 ad oggi ci muoviamo, di volta in volta, appesantendo il bastone o la carota ma la sostanza della legge rimane analoga.
Dal punto di vista del dibattito politico, ovviamente, certe affermazioni di principio tradotte in legge sono importanti, talvolta ma dal punto di vista pratico le ricadute applicative hanno spesso più incidenza reale dei pronunciamenti etici. Si svuoteranno le carceri perchè il piccolo spaccio verrà considerato con maggiore indulgenza? Aumenteranno gli spacciatori per lo stesso motivo? Difficile a dirsi in questo momento. Vedremo.
Certo è che il sistema di intervento sociale che dovrebbe intervenire anche in modo preventivo sui comportamenti di devianza è in crisi per mancanza di risorse e per l’indefinizione di cosa sia deviante; il sistema terapeutico soffre per gli stessi motivi; la prevenzione dell’uso di sostanze e delle dipendenze patologiche non vive certo di momenti di splendore e, forse, più in generale, i tanti distiguo tra i concetti di educare, curare, punire, riabilitare, abuso, consumo, uso, dipendenza portano più confusione che chiarezza. Così, ormai, anche costretti dalla contingenza economica, si cerca di girare intorno ai problemi. Chi abusa di sostanze in grado di alterare lo stato psicofisico (o chi le usa … chissà) cerca sempre più soluzioni lecite ma chi le considera pericolose cerca di trasformarle rapidamente in illecite. Difficile dire, in questo girare intorno, chi produca più danni mentre ormai i farmaci sono, assieme all’alcol e alle sigarette, parte integrante delle componenti di questo gioco di molti a chi riesce a farsi più male, rischiando il meno possibile e incrementando gli affari di qualcuno. Se poi ci si vuol far male senza sostanze esistono pur sempre le slot, le attività estreme o la stupidità seriale di cui siamo ricchi.
In ogni caso, parlando di legge, smetterei di imputare ai politici quella confusione che, semplicemente, ci rappresenta.
Riccardo C. Gatti 16.5.2014