Le droghe illecite sono, da tempo, diventate un bene di consumo diffuso. Spesso sono legate a danni per la salute ed, alcune, anche a decessi, non solo per overdosi. Eppure si vendono e si vendono bene. 

Il mercato sembra in grado di condizionare la domanda e, per accontentare sempre più clienti di diversa tipologia, si va differenziando con prodotti nuovi. 

Il salto generazionale della proposta commerciale sembra, così, orientarsi progressivamente verso prodotti mix, dove, diversi principi attivi, sintetizzati in laboratorio, generano l’effetto che, in definitiva, è ciò che il cliente compra: l’effetto, più che la sostanza. 

Chiunque produca e venda qualcosa, sa bene come sia difficile farsi strada per incontrare la domanda della clientela e, ancor più, per imporre nuovi prodotti. 

Nella società interconnessa, poi, l’uso dei nuovi media, dei social e dei media tradizionali è ancor più complesso di un tempo: richiede strategie e planning ben studiati, l’utilizzo di testimonial e influencer adatti e soprattutto la convergenza di azioni necessaria per creare di continuo aspettative favorevoli o, almeno, curiosità, verso un determinato consumo. 

Tuttavia, per quanto riguarda le droghe, illecite, siamo portati a pensare che tutto ciò non avvenga. In pratica le droghe sarebbero prodotti che si vendono (magicamente) da soli, al più veicolati  dai pusher che vediamo in strada. 

Si tratta di una posizione quantomeno ingenua, visto che riguarda uno dei mercati più potenti nel mondo, con giri di affari superiori a quelli di molte nazioni ed una disponibilità di risorse finanziarie enorme. 

Sarebbe ora di considerare che questo mercato è in grado di pre – influenzare e condizionare in modo attivo  la nostra opinione e le nostre scelte. 

Come? 

Facciamo un esempio. A tutti sarà capitato di vedere un video o un filmato in cui, in un determinato momento, un personaggio usa una droga, ricavandone sensazioni piacevoli. Si può trattare addirittura di una scena divertente, giocosa, tanto per intendersi, da “cinepanettone” da vedere in famiglia. 

Ripensandoci, però, quella scena non era essenziale, poteva non esserci e nulla sarebbe cambiato. 

Nello svolgimento della storia e stata inserita, quasi come fosse uno spot pubblicitario. Mai sapremo se faceva parte della scelta creativa di chi ha scritto la storia, oppure di qualcosa di più, come quando in un film appare un determinato tipo di automobile per un accordo commerciale con chi la produce. Intanto il messaggio arriva. 

È solo un esempio, di immediata comprensione, rispetto a ciò che già si faceva prima della nascita della attuale società interconnessa e si continua ancora a fare, anche in modo più sofisticato, rappresentando come vincenti determinati stili di vita. 

Un messaggio, da solo, non cambia nulla ma, se in una società interconnessa, i messaggi diventano molteplici, veicolati in modi diversi, talvolta evidenti, talvolta sottotraccia e meno espliciti della scena di un film, talvolta come opinioni di “gente come noi”, talvolta, ancora, come notizie legate a fatti reali conditi, però, con semplici aggettivi che ci fanno capire, ad esempio, che una sostanza “spopola” (e quindi è particolarmente gradita), anche quando (ancora ?) non è così … allora le opinioni cambiano. La propensione al consumo aumenta. 

Finisco qui. 

È vero che abbiamo maturato esperienza e tecnologia per fare marketing, mentre il de-marketing rimane un campo inesplorato.  È vero che qualunque comunicazione che mira a ridurre i consumi di qualcosa viene, oggi, vista con sospetto e può anche avere effetti paradossali.

Tuttavia continuare ad ignorare che esiste un lavoro attivo e continuo per far sì che nella testa di ciascuno il consumo di droghe diventi qualcosa di desiderabile e vincente o, almeno, accettabile, è davvero un errore. Lo è ancora di più quando proprio chi si occupa di comunicazione cade in questo loop diventando, a sua volta ed involontariamente, strumento di presentazione e promozione di prodotti. Lo è in tema  di prevenzione e comunicazione pubblica, rimasta al livello “ruspante” degli anni 70, ma lo è anche a livello individuale, quando confondiamo la nostra ingenuità con l’apertura mentale di chi vuole farsi una libera opinione, attraverso informazioni che sono costruite apposta per condizionarla. 

Riccardo C. Gatti

Pronti per la cocaina rosa

Pagheremo una droga o un effetto ?

La droga è anche tutto questo