Leggo di un individuo arrestato in Grecia per Traffico internazionale di droga: estradato in Italia, dopo l’interrogatorio del GIP, è già stato liberato, con il solo divieto di espatrio. L’uomo, di origini orientali, era destinatario di una misura di arresto internazionale nell’ambito di una complessa indagine – condotta dai carabinieri di Roma. Mentre leggo mi chiedo, ingenuamente sbagliando, come sia possibile che le carceri siano piene di tossicodipendenti autori di reati che a volte hanno a che fare con lo spaccio (e che, a detta di tutti, in carcere non dovrebbero stare, per essere curati), mentre grandi trafficanti di droga vengano lasciati, di fatto, liberi.
Con un errore logico, il mio pensiero ha associato automaticamente due situazioni molto diverse. Qui non siamo di fronte a un tossicodipendente in condizioni di marginalità e spacciatore di modeste quantità di droga, irregolarmente presente in Italia e, magari, senza fissa dimora, ma, eventualmente, al “grossista” di una articolata organizzazione criminale dedita al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Dopo l’arresto, il difensore ha chiesto l’attenuazione della misura cautelare, con la sostituzione del solo divieto di espatrio, tenendo conto del fatto che le esigenze cautelari erano venute meno. Richiesta che è stata accolta dal giudice. Per questo, ora, la persona è in stato di libertà, sebbene con alcune limitazioni, in attesa di un eventuale giudizio.
Ora mi è tutto più chiaro anche se mi ritornano alla mente le parole di Ghada Waly, direttore esecutivo dell’UNODC, a commento dei risultati del World Drug Report 2023: “Stiamo assistendo a un continuo aumento del numero di persone che soffrono di disturbi da uso di droghe in tutto il mondo, mentre il trattamento non riesce a raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno. Nel frattempo, dobbiamo intensificare le risposte contro le reti di trafficanti di droga che sfruttano i conflitti e le crisi globali per espandere la coltivazione e la produzione di droghe illecite, in particolare di droghe sintetiche, alimentando mercati illeciti e causando maggiori danni alle persone e alle comunità”.
Temo, però, che anziché raggiungere quanti hanno bisogno di cure e intensificare le risposte contro le reti di trafficanti, si stia verificando quanto già evidenziato nel 2011 da Raffaella Tucci a proposito della esecuzione penale nei confronti dei soggetti tossicodipendenti. Esiste una selezione tra chi deve stare in carcere e chi no che “finisce dunque per confermare quel ruolo di strumento sanzionatorio della marginalità cui il carcere sembra sempre più inesorabilmente tendere”.
Poco per volta, per alcune categorie di persone e, tra queste, i tossicodipendenti che commettono reati, il carcere sta diventando il sostituto di quello che una volta era il manicomio. Inoltre non cura, non riabilita e tutela in minima parte la sicurezza. Dunque, così come è, la detenzione a che serve? Termino qui: il tema è molto complesso ed io sono un medico, non un esperto di diritto e della applicazione delle leggi. Non voglio rischiare, sulla base di un articolo di cronaca, divagando tra ragionamenti ed emozioni su argomenti diversi, di fare troppa confusione, anche tra ciò che è giusto e ciò che non lo è.
Riccardo C. Gatti