26 giugno: Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga. Come ogni anno, si celebra una delle Giornate ONU più ambigue del mondo. L’ambiguità si rileva già da come la giornata è denominata da chi partecipa alla celebrazione: “giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di stupefacenti”, “Giornata Mondiale per la lotta alla Droga”, “World Drug Day (Giornata mondiale della droga)” ecc. mentre concetti come uso, abuso e dipendenza, vengono tranquillamente mixati tra di loro, come fossero equivalenti.
L’ambiguità, purtroppo, è all’origine, perché, la definizione, deve accontentare “sentimenti” di popoli diversi, con legislazioni ed intendimenti differenti e addirittura con definizioni non univoche, rispetto a ciò che è droga e ciò che non lo è, a ciò che è tollerabile ed a ciò che non viene tollerato. Piaccia o non piaccia, ma ognuno, e per ragioni diverse, ha le sue droghe da combattere, assieme a quelle da promuovere, tanto è vero che, gli intendimenti comuni, devono essere concordati e scritti su convenzioni internazionali.
Così ciascuno celebra la giornata, a modo suo. Le forze dell’ordine, ad esempio, parlano dei loro successi. I Servizi Dipendenze e le Comunità, delle persone in cura. Tutti mostrano un mondo che è quello da loro osservato e che rimane comunque parziale. Per il resto, ci sono altre giornate: il World No Alcohol Day, il World No Tobacco Day, a esempio. Rivelano l’ambiguità che sta alla base della giornata: aver messo insieme la lotta agli illeciti, con la lotta al consumo delle droghe, rischiando sempre di criminalizzare legalmente o concettualmente, chi le usa.
Un concetto che ben si sposava anche con la droga, intesa negli USA, e poi anche dagli Alleati, come “nemico pubblico n°. 1” (Nixon 1971). Un nemico contro cui bisognava combattere, coinvolgendo, nella guerra, anche il Pentagono. Un regime speciale da cui nacque anche lo Special Action Office for Drug Abuse Prevention, della Casa Bianca: un progenitore anche del nostro Dipartimento Nazionale per le Politiche Antidroga.
Considerando tutto il percorso fatto sino ai giorni nostri, con più di 100.000 overdose mortali all’anno, negli USA, è evidente che il concetto di guerra alla droga, se mai ha funzionato, non funziona più, così come accostare il concetto di lotta all’illecito con quello di prevenzione e cura delle patologie collegate al consumo di droga. Anche le Nazioni Unite sono rimaste un po’ prigioniere di intendimenti passati e di convenzioni in vigore, perché qualunque persona ragionevole non può dimenticare che, a livello di salute, le droghe lecite, come alcol e tabacco producono, forse perchè più diffuse, i maggiori danni per la salute e la qualità della vita di chi li consuma. Ma gli interessi in gioco sono tanti e diversi e, si sa, che le scelte politiche non possono che essere il frutto di compromessi, almeno sino a quando non è chiaro che possono produrre più danni che vantaggi.
Così per qualche giorno ancora, ciascuno griderà all’emergenza, almeno per far capire che le risorse in campo per prevenzione, cura e riabilitazione non sono sufficienti, per rispondere al bisogno, ma difficilmente sarà ascoltato. Oggi le emergenze sono tali e tante, da far dimenticare le droghe illecite ed anche quelle lecite.
Anziché costruire emergenze e regimi straordinari, per eliminare dalla nostra storia (solo) alcuni fenomeni, legati a singole sostanze, ignorandone altri di pari o maggiore entità, perché non abbiamo deciso di “vietarli”, sarebbe più opportuno attrezzarsi per gestire ragionevolmente la realtà che abbiamo di fronte.
La lotta al traffico illecito di droghe che comprende un atteggiamento, inevitabilmente, contro qualcuno o qualcosa, è opportuno che sia ben distinta dalla prevenzione e dalla cura delle patologie collegate al consumo di sostanze che prevede, invece, azioni a favore e non contro le persone. Celebrare le due cose insieme, sta diventando anacronistico: indipendentemente dal celebrante, è una liturgia che non funziona più.
Riccardo C. Gatti