E’ ilNixon mese di luglio del 1971 quando Richard Nixon, probabilmente impressionato dalla diffusione di tossicodipendenza tra i reduci del Vietnam, parla della droga come una emergenza nazionale. Da qui nascono una serie di politiche ed iniziative che hanno gradualmente coinvolto tutto il mondo occidentale in una “guerra alla droga”. Passeranno molti anni prima che un ex Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, nel 2011, scriva sul New York Times che un eccessivo atteggiamento punitivo ha distrutto la vita di milioni di giovani e delle loro famiglie. Già perché la “guerra alla droga” non ha colpito solo i narcotrafficanti ma anche rafforzato l’atteggiamento punitivo nei confronti dei consumatori, secondo un concetto tipico della società dei consumi del ‘900 per cui si poteva decidere a tavolino che cosa la gente “doveva” consumare ma anche cosa doveva essere vietato al consumo.

Gli atteggiamenti punitivi non sono stati attuati solo oltreoceano, ma anche da noi. E’ il mese di dicembre del 1988: da un po’ si sta dibattendo a proposito di una riforma della legislazione in materia. La Repubblica titola:  JERVOLINO: ‘PER CHI SI DROGA SANZIONI PENALI, NON MULTE’. Ecco un brano dell’articolo: – MILANO Ad ascoltarla c’erano centinaia di operatori e madri di tossicodipendenti, riuniti ieri a Milano per un convegno sull’ emergenza droga organizzato dalla Democrazia cristiana. E il ministro per gli Affari sociali Rosa Russo Jervolino, alla vigilia del dibattito a Palazzo Chigi sulla nuova legge anti-droga (venerdì all’ esame del Consiglio dei ministri) ha concesso alcune anticipazioni sul discusso e tormentato disegno di legge. Tra le grandi innovazioni sul fronte della droga ha annunciato il ministro c’ è sicuramente l’ abolizione della modica quantità. (…) Punto fermo del nuovo provvedimento sarà comunque il principio dell’ illiceità del consumo di qualsiasi tipo di droga, leggera o pesante. Per lo Stato dunque non ci sarà differenza tra spinelli o eroina, anche se le pene saranno graduate. A proposito di pene nei confronti dei tossicodipendenti il ministro ha garantito che sono previste soluzioni diverse dal carcere.  (…) Niente carcere, ma diverse sanzioni penali, che rientrano tutte nel campo penale e non amministrativo (…).

Solo con il referendum abrogativo del 1993 di parte della legge «Jervolino-Vassalli», nel frattempo entrata in vigore, si chiederà l’abolizione delle norme (art. 76) tali da prevedere sanzioni penali (fino alla detenzione) anche per l’uso personale delle sostanze illecite.

Da notare il concetto di “emergenza” che nel nostro Paese è costante quando si parla di droga nel senso che non si parla di droga al di fuori di una emergenza. L’intervento di emergenza, normalmente, ha due funzioni: creare consenso attorno a chi fa qualcosa (per risolvere l’emergenza stessa) e lasciare mano libera ad azioni che, altrimenti, potrebbero essere messe in discussione. E’ la stessa emergenza che produrrà nuovi cambiamenti alla legge nel 2006, all’interno di un decreto relativo alle Olimpiadi invernali, proposto da Fini e Giovanardi. Una cosa che sarà motivo di abrogazione della stessa legge, facendoci tornare, più o meno, alla Jervolino-Vassalli già emendata dal referendum del ’94 e un po’ modificata ma viva nel concetto che “drogarsi è illecito”.

Ultimamente, tuttavia, le cose stanno cambiando, almeno negli USA e in parte del mondo occidentale nel senso di separare il concetto di depenalizzazione del consumo da quello di incoraggiare l’uso di droga o ,viceversa, di identificare con la penalizzazione del consumatore il concetto di scoraggiare l’uso di droga. Probabilmente, l’onda lunga di questo cambiamento prima o poi finirà per influenzare anche le nostre politiche. Infatti:

1) E’ difficile continuare a fare la guerra alla droga per poi accorgersi, dopo decenni, di avere  investito una enormità di risorse in qualcosa di cui non sono chiari i  risultati. Ciò specie se, nel bel mezzo della guerra si è colpiti da “fuoco amico”. L’epidemia di dipendenza patologica e di overdose collegata all’uso di farmaci per la terapia del dolore che, ad un certo punto, ha prodotto più problemi di eroina e cocaina messe assieme, ha probabilmente influenzato il corso della storia. Oggi negli USA tre quarti dei tossicodipendenti da eroina lo sono diventati in seguito ad una dipendenza da farmaci oppiacei (non da droghe illecite!). E pensare che nel 1980 da noi si poteva comprare un libro dal titolo “Hashish: testa d’Ariete dell’eroina”: come cambiano i tempi! Abbiamo visto gli Stati Uniti schierare eserciti contro i Narcos: non li vedrei agire, allo stesso modo, contro l’industria farmaceutica.

2) Proprio la cannabis sta diventando un grosso business. Dove è stata legalizzata non ha sostituito i mercati illegali, che si sono modulati diversamente, ma ha senza dubbio portato ricchezza agli investitori. E’ vero che nella maggior parte degli Stati la legalizzazione riguarda l’uso terapeutico ma le indicazioni per l’uso possono essere ampliate e, sull’onda del profitto, ogni giorno esce la notizia che la cannabis fa bene: ogni giorno, fa bene ad una patologia diversa. Troppo bello per essere vero: abbiamo una sostanza che fa bene a qualunque cosa, portafogli individuali ed entrate fiscali degli Stati compresi e non lo sapevamo. Ora lo sappiamo e ci comporteremo di conseguenza. La pressione oltreoceano in questo senso è fortissima, anche a livello mediatico. Alcuni grandi compagnie del tabacco sembrano interessate. Nel frattempo noto che si stanno pubblicizzando proprietà terapeutiche per ogni droga illecita, dalla ketamina, alla LSD, alla ibogaina, alla metamfetamine ecc. Nulla di nuovo ma ora, piccoli studi scientifici, normalmente interessanti per  pochi studiosi di settori specifici, vengono improvvisamente amplificati dai media di tutto il mondo. Che voglia dire qualcosa? Che il recupero della cannabis come farmaco abbia fatto scuola?  

3) Le misure “punitive” connesse all’uso di droghe illecite ha avuto risultati: le persone in cerca di alterazione si sono sempre più rivolte a droghe lecite. Il tutto ha generato una rincorsa tra il divieto di sempre nuove sostanze e la proposta sul mercato di altre sostanze, nuove, e non (ancora) vietate. I “legal highs” (le droghe legali) stanno così facendo danno almeno quanto le illegali mentre vecchie droghe lecite (l’alcool) ed i farmaci diventano, sempre più, interessanti oggetti d’abuso. Qualcuno comincia a rimpiangere i tempi in cui, a parte l’alcol, era la criminalità organizzata a decidere quali droghe potevano essere immesse sul mercato, almeno erano poche e conosciute, anche nei loro effetti. Oggi non è più così.

Ritorniamo agli Stati Uniti.

Le politiche USA sono molto caute e lente in questo settore, probabilmente perché hanno a che fare con complicati equilibri mondiali ma, già Obama al potere, nel 2009 l’ex CZAR della droga Gil Kerlikowske aveva dichiarato “Indipendentemente da come cerchi di spiegare alla gente che é una ‘guerra alla droga’ o una ‘guerra ad una sostanza’, viene percepita come una guerra contro la gente. Non dobbiamo essere in guerra con il popolo di questo Paese”. Oggi Gil Kerlikowske si occupa di altro ma, effettivamente, la droga ai tempi di Obama (consiglio di leggere quanto scrivevo nel 2009) non è più considerata come ai tempi dei suoi predecessori. 

E’ finita la “guerra alla droga”? Difficile dirlo ma sicuramente sta cambiando il suo significato.

Verrà legalizzata la marijuana negli USA? Ora mi sembra probabile.

E’ finito l’atteggiamento punitivo nei confronti di chi si droga? Non credo anche perché è troppo connesso con uno stigma che ha una sua perversa funzione nella società contemporanea che, erede della società dei consumi del secolo scorso, stigmatizza alcuni comportamenti additivi per promuoverne indisturbata altri, magari ancora più problematici ma commercialmente accettabili. Complessivamente, però, il mondo sta cambiando i suoi orientamenti e sono convinto che questo prima o poi influenzerà anche il nostro Paese.

Se sarà meglio o peggio lo vedremo: in ogni caso dipende da noi. Soprattutto se smetteremo di fare la politica dello struzzo.

Ecco l’intervista a Obama fatta dal fondatore di VICE Shane Smith. Il cambiamento dell’atteggiamento del Presidente degli Stati Uniti, nei confronti del problema droga, e rispetto ai suoi predecessori, risulta evidente.

 

 Riccardo C. Gatti 19.3.2015