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Di natura non siamo molto inclini alla prevenzione. Non vediamo problemi ed ostacoli fino a quando non andiamo a sbatterci contro e ci facciamo male. Il fatto è che chi deve prendere decisioni non è sempre nelle condizioni di analizzare la situazione in modo obiettivo. Su questioni nodali c’è spesso una gran confusione. Di solito non è casuale: giova a qualcuno o a qualcosa ma … lo si vede solo a posteriori. Per quanto riguarda le dipendenze patologiche e l’abuso di farmaci e sostanze varie la confusione è massima ed è sempre stato così. Da qualche anno cerco, come posso, di attirare l’attenzione su quello che, in tema di tossicodipendenze potrebbe essere un problema emergente. Come al solito non è facile, soprattutto perché i miei interlocutori cercano di capire, perché porto problemi piuttosto che analizzare con me quali problemi siano. Di cosa sto parlando? Di questo:

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Due grafici: il primo riguarda le vendite dei “painkillers” negli USA; il secondo, più in basso, il consumo “ufficiale” dei farmaci oppiacei per la terapia del dolore in Italia.  Attenzione gli strumenti di misurazione sono diversi ed anche i gruppi di sostanze potrebbero non essere completamente sovrapponibili ma senz’altro, in entrambi i grafici, viene descritta una situazione in crescita nel tempo. La cosa è negativa ? No, anzi, ma solo se significa che più persone che avevano bisogno di farmaci per la terapia del dolore li hanno ottenuti secondo una prescrizione appropriata.

Quale è la reale differenza tra i grafici? Il primo, riferito agli USA riporta anche le morti ed i trattamenti connessi alla diffusione di questi farmaci. Per quanto riguarda l’Italia queste curve, invece, non ci sono.

Facendo il lavoro che faccio la cosa mi ha colpito. Mi occupo da sempre di droghe e dipendenze. Per deformazione professionale mi è facile connettere un aumento della diffusione di oppiacei con un aumento di tossicodipendenze e di morti per overdose. Tanto per essere chiaro non ho un atteggiamento ostile all’uso dei farmaci oppiacei. Nel nostro campo, per il trattamento degli eroinomani li usiamo normalmente, anche per periodi molto lunghi, ma è proprio per questo che ne conosciamo i vantaggi ma anche i pericoli. Gli oppiacei sembrano farmaci molto maneggevoli ma, proprio perché sembrano facilmente gestibili, a medici e pazienti, rappresentano un rischio che se non affrontato correttamente si può manifestare in modo drammatico. Un esempio? Al tempo di quei grafici le morti connesse ai “painkillers” negli USA stavano superando quelle di eroina e cocaina messe assieme ed anche quelle da incidenti stradali. Tanto per avere qualche dato significativo, delle 22.767 morti negli Stati Uniti nel 2013 per overdose da farmaci (avete letto correttamente ventiduemilasettecentosessantasette!), 16.235 (71.3%) riguardavano analgesici oppiacei per la terapia del dolore e 6.973 (30.6%) benzodiazepine. http://www.cdc.gov/nchs/deaths.htm

Nel frattempo la diffusione dei farmaci oppiacei cresceva anche da noi. Diceva l’OSMED – AIFA  «Nello specifico della categoria dei farmaci antidolorifici ad azione centrale si registrano rilevanti incrementi del consumo rispetto al 2012, sia degli alcaloidi naturali dell’oppio (morfina, idromorfone, oxicodone e codeina in associazione), sia degli altri oppiacei (tramadolo e tapentadolo)». Alcaloidi naturali oppio DDD  +19% in un anno – Altri oppiacei DDD +5,5% in un anno. Dal mio punto di vista tanti piccoli segnali mi allertavano sul fatto che le cose non andavano proprio nel migliore dei modi. Notizie di ricette contraffatte in modo “professionale” in circolazione, di vendita di tapentadolo in polvere “come fosse eroina”, di come e dove procurarsi facilmente farmaci oppiacei e poi persone, un tempo tossicodipendenti che, dopo una cura con oppiacei per la terapia del dolore, ripiombavano nella tossicodipendenza.

Così, nel 2014, con i miei collaboratori, decisi di verificare la situazione a Milano, integrando una survey sulla diffusione delle droghe che ripetiamo ogni tre anni. Risultato l’1,94% della popolazione residente dichiarava di aver assunto farmaci oppiacei al di fuori di una prescrizione per una stima di oltre 10.000 persone. Poco ? Tanto? Non è detto che chi ha assunto questi farmaci senza prescrizione lo abbia fatto a scopo di abuso. Bisogna osservare, però che i dati combinati USA 2010 e 2011, dove la situazione è disastrosa,  parlavano di un uso nell’anno precedente di farmaci non prescritti per la terapia del dolore nel 4.6 percento della popolazione nazionale con un range dal 3.6% nello Iowa al 6.4% in Oregon (National Survey on Drug Use and Health – NSDUH 2013). Considerando che da noi i “painkillers” sono molto meno prescritti abbiamo letto una percentuale dell’1,94 come un segnale di attenzione da non ignorare.

Negli Stati Uniti, intanto,  lo scenario incomincia a cambiare, purtroppo non in meglio. Migliora la situazione degli oppiacei da prescrizione usati impropriamente ma arriva l’eroina. Il grafico sotto riportato rappresenta chiaramente che 4 su 5 nuovi consumatori di eroina hanno iniziato la loro “carriera” con oppiacei per la terapia del dolore.

Imperversa, ormai da qualche anno, la polemica contro le case farmaceutiche ed i medici che, per fare cassa, avrebbero prescritto oppiacei senza troppa attenzione, provocando una epidemia dai risvolti catastrofici ed il ritorno di una droga che sembrava dimenticata e non più di tendenza. La polemica si estende anche alle politiche sanitarie. La Casa Bianca ha parlato dell’abuso di oppiacei come di una epidemia che causa migliaia di morti ma, mentre dal CDC c’è chi richiama i medici alla necessità di diminuire drasticamente la prescrizione di oppiacei, la Food and Drug Administration sembra riconoscere che gli oppioidi sono sovraprescritti ma sostiene l’importanza di mantenere questi farmaci ampiamente accessibili agli Americani affetti da dolore cronico, stimati nel 40% (!) delle persone adulte.

Ricorda qualcosa questa situazione “schizofrenica”? Nel nostro Paese a livello tecnico – politico si lavora contemporaneamente per contrastare il gioco d’azzardo e per favorirlo. Quindi nulla di nuovo. Indubbiamente un mercato in potenziale espansione che può riguardare il 40% della popolazione adulta rappresenta un interesse economico forte, si tratta di molti milioni di dollari, tale da far chiudere un occhio o anche due ad una infinità di persone. D’altra parte è vero che il fatto che ci sia chi usa certi farmaci impropriamente, non dovrebbe ostacolare le cure di chi ne ha bisogno e li usa in modo corretto, secondo prescrizione.

Ora, negli USA, l’emergenza eroina è agli onori delle cronache. La diffusione “facile” dei farmaci oppiacei e la loro “diversion” a persone che non avrebbero dovuto assumerli hanno creato un parco clienti appetitoso anche per le organizzazioni criminali cui non è parso vero di riversare sul mercato eroina a basso costo. Infatti, 4 su 5 nuovi eroinomani hanno, prima di diventare tali, abusato di painkiller ma l’eroina può essere più accessibile e magari anche a prezzo migliore dell’Ossicodone di strada che a New York costa 30 dollari a compressa. Insomma, mentre il dibattito è in corso, si consolidano sempre più due mercati degli oppiacei: uno legale sostenuto dalle Case Farmaceutiche ed uno illegale, organizzato dai Narcos. Paradossalmente, più che alternativi, sembrano sinergici nel creare una nuova generazione di tossicodipendenti da oppiacei, eroina compresa . Ma se trenta o quarant’anni fa questi erano soprattutto giovani maschi di colore, cresciuti in zone marginali e disagiate, ora l’epidemia riguarda soprattutto bianchi delle zone residenziali suburbane e coinvolge ampiamente anche le donne. Le overdose da eroina sono triplicate dal 2012. Insomma l’epidemia sembra estendersi laddove non era ancora arrivata … e siamo solo all’inizio. E c’è chi definisce i farmaci oppiacei l’autostrada per raggiungere l’eroina.

Si potrebbe pensare che la situazione degli Stati Uniti sia molto differente da quella europea. In fondo anche il Sistema Sanitario è molto diverso. Ma non è così. Leggiamo questa notizia:

A nation of prescription drug addicts: More Britons die from abusing painkillers and tranquillisers than heroin and cocaine

807 people died overdosing on prescription drugs last year, figures reveal
In total, 32,000 Britons are thought to be addicted to painkiller medication
By SOPHIE BORLAND FOR THE DAILY MAIL

Già: muoiono più cittadini Britannici a causa di farmaci per la terapia del dolore e tranquillanti che per eroina e cocaina. L’articolo è del settembre 2013 e ci parla di 807 morti nell’anno precedente, nonché di una stima di 32.000 persone dipendenti da farmaci oppiacei. Sembra proprio che in U.K. si stia ripetendo una situazione simile a quella che negli USA ha aperto al grande ritorno dell’eroina ma, già così, ci sarebbe da preoccuparsi.

Ma da noi, in Italia, che accade?

Ecco cosa ha dichiarato a Panorama Roberta Pacifici responsabile dell’Osservatorio Fumo Alcol e Droga dell’Istituto Superiore di Sanità a proposito dei farmaci oppiacei.

Il fatto che siano farmaci li fa percepire come meno pericolosi?

“La sensazione è sicuramente quella di fare qualcosa che è meno illecito. Senza contare tutta la pubblicità indiretta fatta a questi prodotti anche dalla Tv. Penso al Dottor House, che usa il tipico antidolorifico che crea dipendenza, con tutte le problematiche che ne conseguono. Vederlo in tv serve in qualche modo a sdoganare la pericolosità, le insidie che si nascondono dietro l’uso di questi farmaci. Il paradosso è che in Italia siamo invece ancora indietro, anche se stiamo recuperando terreno, sull’uso degli oppiacei nella gestione del dolore dei malati. Quindi sottostimiamo il valore di questi farmaci dal punto di vista terapeutico e ne sottostimiamo i rischi di un consumo improprio“.

Dichiarazioni importanti arrivano anche dal Direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco e dal Ministro della Salute

Ecco un titolo dell’ANSA  del 28.1.2015

 

Più antidolorifici, rischio dipendenza per anziani

Aifa, +9% consumo farmaci oppiacei 2014. Lorenzin, c’è trend abuso

La ”soglia del dolore – ha affermato Pani (Direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco) –  si sta abbassando e si consumano dunque sempre più antidolorifici, soprattutto oppioidi che, però, creano dipendenza. E vari elementi – ha avvertito – ci dicono che questo tipo di dipendenza sta colpendo soprattutto i pazienti anziani”. Si tratta, ha rilevato il direttore Aifa, di una ”bandierina d’allarme da non sottovalutare”. In realtà, fino ad oggi, ha commentato, ”i medici avevano un atteggiamento abbastanza restrittivo rispetto alla prescrizione di tali farmaci oppiacei, ma con la legge per le cure palliative si è fatto un passo avanti”. Ora, però, si sta registrando un eccesso: per un tipo di tali farmaci, ha detto Pani, ”si è avuto addirittura un aumento di consumo del 32%”. Ma non sempre il trend di aumento rientra nell’ambito della terapia del dolore: in alcuni casi, ha avvertito Lorenzin, si determina infatti un fenomeno di ”abuso”. ”Abbiamo registrato un aumento degli oppioidi – ha sottolineato Lorenzin – che è fuori da una correttezza della prescrizione medica.

Non sono convintissimo che il fenomeno riguardi solo gli anziani visto che, a Milano, l’uso dichiarato di painkillers non prescritti è su percentuali “americane” tra i 25 ed i 34 anni.

Fascia di età 25-34 anni 3,09%

 

Mi sembra evidente, comunque, che la situazione debba essere maggiormente presidiata prima che sfugga di mano completamente. I segnali sono preoccupanti, assolutamente chiari ed arrivano da tutto il mondo. E’ necessario intervenire sia sui fattori determinanti della mortalità legata all’abuso di farmaci (il comportamento del medico che prescrive, il comportamento dei consumatori e le caratteristiche e le determinanti ambientali) sia sulla prevenzione delle forme di abuso e di dipendenza patologica che possono derivare da una loro diffusione impropria. Tutta la catena della salute, dalla prevenzione al trattamento, deve essere coinvolta in questa operazione in modo adeguato e responsabilizzante. Non abbiamo bisogno di una ulteriore emergenza ma di atteggiamenti più attenti da parte dei medici, dei farmacisti e dei pazienti. Non sarà facilissimo anche perché chi ha interessi economici nel settore è molto timoroso del fatto che qualsiasi operazione in questo senso possa danneggiare un fatturato florido ed in crescita nonostante la crisi economica. Si tratta, in realtà di un atteggiamento miope ed imprevidente. Le persone che hanno bisogno di trattamento sono molte. Una crisi emergenziale, conseguente ad un aumento delle dipendenze e delle overdose, potrebbe portare ad un ripensamento sulla accessibilità ai farmaci o, comunque, reazioni dell’opinione pubblica contro l’uso dei farmaci stessi.  L’immagine che si ha di un prodotto è importante. Se è negativa e collegata alla droga ed alla morte è evidente che sarà più difficile prescrivere a chi ne avrebbe un reale bisogno i trattamenti appropriati. Se, poi, il mercato della droga, utilizzando anche il mercato grigio dei farmaci oppiacei a scopo promozionale (e per creare dipendenza), riuscirà ad inserirsi nella partita riproponendo eroina, come negli USA, sarà un danno per tutti ed una situazione drammatica.

Alla luce delle cose che ho scritto bisognava già pensarci prima. Non lo abbiamo fatto con l’energia necessaria: facciamolo ora ma senza dar tempo al tempo. E’ il modo migliore per prestare positiva attenzione alla possibilità di curare in modo appropriato chi ha necessità di terapia del dolore tramite farmaci facilmente accessibili e disponibili. Una restrizione della accessibilità ai farmaci che si verificasse in presenza di un ampio e consolidato parco di abusatori e tossicodipendenti da farmaci non prescritti, sarebbe il catalizzatore necessario e forse sufficiente per il ritorno dell’eroina.

Riccardo C. Gatti

P.S. Visti i dati c’è anche un discorso lasciato in sospeso su altri tipi di farmaci. Lo riprenderemo.