Droga: nascono sempre più situazioni che ricordano da vicino quelle di anni ormai passati da tempo. Allora la droga era l’eroina, in questo caso è il crack o anche altro, ma la disperazione di tutti è la medesima.
E il problema non riguarda solo Torino, come nell’articolo sotto riportato.
Basta sfogliare le cronache locali e ci si accorge che in tutta Italia la situazione è difficile: non è più contenuta e si diffonde nei quartieri. Ricompare una nuova generazione di sacerdoti e di mamme coraggio, ricompaiono le manifestazioni di piazza contro la droga. Anche il linguaggio dei media sembra ritornare ai tempi passati, quando descrivono la microcriminalità dei “tossici”. Tutto già visto, purtroppo, negli anni ‘80.
Abbiamo per troppo tempo trascurato la questione, non abbiamo più investito nel sistema di intervento, non abbiamo rivisto strategie di azione, norme e leggi, adeguandole ai tempi. Forse, semplicemente, abbiamo trascurato il settore perché non ci sono più risorse per intervenire, forse non siamo in grado di capire che, se vista dal di fuori, la situazione sembra quella di ieri, e questa già non è una buona cosa, in realtà ciò che vediamo è solo la punta di un iceberg che è diverso da quello incontrato in passato. È ancor più insidioso, ma ci stiamo, comunque, andando contro. Intanto l’orchestra della nave suona le solite canzoni e le vedette guardano da un’altra parte.
Gli scenari, per ora, sembrano gli stessi di un tempo ed, anzi, ci consoliamo dicendo che abbiamo meno overdosi, ma il mondo è cambiato, le sostanze sono di più e diverse, il mercato è molto più penetrante, la cocaina arriva a tonnellate, la diffusione del crack sta diventando devastante, anche dal punto di vista della salute mentale, la diffusione di farmaci psicoattivi che escono dai circuiti della cura, si va facendo imponente, il bere binge è sempre più frequente nel mondo giovanile, così come il policonsumo. L’ arrivo di mix già pronti di sostanze sempre più potenti (oppioidi sintetici compresi), potrebbe essere una rivoluzione dirompente.
E c’è un punto di non ritorno, in cui suonare il segnale dell’emergenza diventa inutile, per evitare di affondare: non vorrei lo stessimo già passando. Correggere la rotta, confrontarsi per elaborare nuove strategie, metterle in atto, adeguare le norme e rafforzare gli interventi, richiede anni di lavoro, non mesi, mentre l’iceberg è sempre più vicino.