SoS dipendenze. Intervista di Interris.it a Riccardo Gatti

 

 

Intervista di Giacomo Galeazzi di  Interris.it allo psichiatra Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento dipendenze (Dipead) della Asst Santi Paolo e Carlo di Milano


AgenPress. Allarme dipendenze. Lo psichiatra Riccardo Gatti da oltre trent’anni si occupa di droga. Dirige il Dipartimento interaziendale prestazioni erogate nell’area dipendenze (Dipead) della Asst Santi Paolo e Carlo di Milano: 9000 utenti per 9 Sert più le carceri.

Emergenza dipendenze

“Nei nostri Servizi arrivano migliaia di persone che hanno problemi connessi all’uso di sostanze, lecite ed illecite- spiega a Interris.it il professor Gatti-. Garantisco che non stanno bene, indipendentemente dalla sostanza usata e dal motivo per cui sono arrivate da noi. Quando riescono ad abbandonarne stabilmente il consumo, si liberano di un incubo”.

Esistono ancora droghe dei ricchi e droghe dei poveri? Oppure le dipendenze sono diventate socialmente trasversali

“Normalmente chi ha poco denaro si può procurare solo prodotti di scarsa qualità. E questo, in alcune parti del mondo, significa accedere a droghe di bassissimo costo. Che, altrove, nemmeno vengono messe sul mercato. Gli standard di produzione delle sostanze illecite, in generale, sono quello che sono. Ma, in questi casi, per produrre a costi irrisori qualcosa che possa, comunque, produrre alterazione, si ricorre a prodotti di scarto. E a lavorazioni che, in definitiva, danno, come risultato, sostanze sempre più pericolose”.

Vale anche per l’alcol?

“Lo stesso discorso vale anche per quanto riguarda l’alcol. Che è forse la droga più diffusa trasversalmente. Le persone che vivono ai margini, tendono a consumare prodotti a basso costo. E, in alcune zone del mondo, questo può voler dire anche prodotti di più elevata tossicità. Magari di produzione clandestina. Ma attenzione. Leggendo certe cronache sembrerebbe quasi che, nella nostra realtà, ad ogni caso di morte per droga, almeno per eroina e cocaina, corrisponda una sostanza ‘tagliata male’”.

Cioè?

“Quasi come se esistessero droghe “tagliate bene” che non creano problemi e non producono overdose. Non di rado, accade proprio il contrario. Ad uccidere o a creare problemi gravi è l’alta concentrazione del principio attivo, non la sostanza da taglio. Ma se le sostanze possono cambiare, le dipendenze patologiche sono socialmente trasversali”.

Perché?

“Sono sempre state socialmente trasversali. E questa non è l’unica conseguenza possibile dell’uso di sostanze. Ci sono droghe che hanno un potere relativamente basso di provocare dipendenza. E persone che sono meno suscettibili di altre nel contrarla. Ma, in molti, pensano che l’unico pericolo connesso all’uso di sostanze psicoattive sia, appunto, la tossicodipendenza o l’overdose”.

Da cosa deriva?

“Sottovalutano completamente il continuo sbilanciamento dello stato mentale, del tono dell’umore e della capacità di critica e giudizio. Nonché l’alterazione continua del rapporto con la realtà, con se stessi e con gli altri, che qualsiasi droga, che possa chiamarsi tale, deve necessariamente dare, per avere effetto. Le persone giovani, che hanno un cervello che si sta ancora formando, e gli anziani, che sono intrinsecamente fragili nel loro funzionamento psico-fisico, possono soffrire pesantemente di questi squilibri”.

Può farci un esempio?

“In ogni età l’alterazione dello stato mentale può provocare effetti e conseguenze veramente difficili da controllare. Questo, soprattutto, anche se può sembrare paradossale, quando il tutto non avviene in modo eclatante e chiaramente individuabile. Non è giusto generalizzare. Le sostanze non sono tutte uguali e nemmeno le persone lo sono. Ma il pericolo che qualcosa non vada nel verso desiderato con qualsiasi sostanza psicotropa, esiste. Anche considerando che difficilmente chi cerca l’alterazione usa una unica sostanza”.

In che direzione va oggi il mondo della tossicodipendenza?

“Non esiste un ‘mondo della tossicodipendenza’. Ma senz’altro esiste un mercato di prodotti che possono dare dipendenza. E che, da anni si muove in una unica direzione: il mass market. Cerca di reclutare il maggior numero di clienti possibile. Agendo su prezzi sostenibili e su una distribuzione adeguata e compatibile con esigenze differenti. È possibile che, gradualmente, ci sia un progressivo spostamento di questo mercato verso prodotti di origine sintetica”.

A cosa si riferisce?

“La produzione in laboratorio offre possibilità pressoché infinite ed è, generalmente, meno costosa. La situazione socio-economica che si genererà nel mondo, conseguentemente alla pandemia da SARS-COV-2, potrebbe accelerare questo percorso”.

Come interferisce la pandemia sull’emergenza dipendenze?”

“Creando una domanda di forte alterazione, a basso costo. Le grandi epidemie mondiali hanno sempre cambiato molti scenari, un po’ come le guerre. Le organizzazioni criminali, come tutti, tendono ad una certa conservazione. A non cambiare ciò che funziona. Ma sono senz’altro molto veloci a cogliere nuove opportunità. Le droghe sintetiche ed i mix pre-confezionati low-cost, potrebbero essere un campo da esplorare con interesse”.

Vista dalla trincea di scienziato che combatte da sempre le dipendenze, quali sono oggi le sostanze più pericolose? 

“Non sono in trincea. La trincea fa pensare ad una guerra che dal nostro punto di vista, di persone che curano, non esiste. Nemmeno mi ritengo uno scienziato. Piuttosto da anni mi occupo di curare o di organizzare percorsi e possibilità di cura all’interno del Sistema sanitario pubblico. E ovviamente, di studiare l’evoluzione dei fenomeni di cui mi occupo. Detto ciò, non amo le classifiche del più e del meno pericoloso. Sono soltanto utili a spingere l’ideologia di vendita e consumo del meno pericolosi. Quasi come se, essendo obbligatorio alterarsi, si dovesse necessariamente scegliere ciò che fa meno male, facendo, comunque male”.

Qual è la questione di fondo?

“Da quella sostanza, o meglio, da quelle sostanze che usano, queste persone sono state trasformate da sane in malati, magari con una malattia cronica. Se il tutto è connesso a droghe più o meno pericolose di altre, visto il risultato, per ciascuno di loro, che differenza fa? Se poi guardiamo le statistiche sono le droghe lecite, alcol e tabacco, che, nel mondo, ed anche da noi, grazie alla loro diffusione ed alla proprietà intrinseche pericolose per la salute, stanno creando più danni”.

Si riuscirà mai a vincere la piaga sociale della dipendenza?

“Non credo proprio. La dipendenza patologica è semplicemente una derivazione malata della naturale tendenza alla dipendenza che fa parte della natura dell’uomo. Da sempre il genere umano ricerca l’alterazione a scopo edonistico, di trascendenza, di fuga da condizioni individuali o sociali difficili. Per colmare vuoti culturali legati ai momenti di forte trasformazione, per autocura o per desiderio di potenziare le proprie capacità. Non di rado da questa ricerca nascono forme di dipendenza patologica, non solo da sostanze”.

Come è cambiato nel tempo questo scenario?

“Di nuovo c’è che ai nostri giorni, sia le organizzazioni criminali che gli Stati nazionali si sono accorti che questa tendenza è sfruttabile commercialmente in mercati di massa globali. E non più in mercati di nicchia. Questo fa la differenza rispetto al passato ed è pericoloso. Non siamo preparati a questo tipo di azioni di massa, alla domanda che generano ed alle conseguenze che ne derivano. Direttamente o indirettamente si tratta di mercati enormi. Generano molta ricchezza o, comunque, grandi proventi erariali. Non per nulla, da qualche anno, anche se illeciti, sono computati nel calcolo del Pil. Si tratta di mercati destinati a crescere”.

A cosa è dovuto?

“Se riflettiamo bene, gran parte della nostra costruzione economica e sociale attuale si basa già su situazioni di dipendenza. La stessa società interconnessa è una forma di inter-dipendenza molto sofisticata che nasce a scopo commerciale. Ma il velocissimo passaggio dalla società post-industriale alla società interconnessa ha creato un vuoto culturale che ha fatto letteralmente saltare molte gerarchie valoriali e, di fatto, molte regole”.

Cosa può accadere?

“Senza attenzione, senza intelligenza, senza equilibrio e senza capacità critica, il tutto potrebbe teoricamente trasformarsi in un modello sociale di ‘interdipendenza patologica’, dove anche il consumo di sostanze lecite o illecite a scopo di alterazione potrebbe trovare sempre più consenso e promozione”.