Capire che una dipendenza patologica da droghe, farmaci, tabacco, alcol, sostanze psicoattive o comportamenti può capitare a chiunque nel corso della vita è una cosa importante per affrontarla nel modo più corretto. Comprendere che, anche senza esserne dipendenti, abusare di sostanze, legali o illegali che siano, può comportare rischi reali per la vita, visto che i pronto soccorso affrontano migliaia e migliaia di casi critici di persone sofferenti e stupite di cosa sia successo “proprio a loro”, è il modo migliore per essere prudenti ed agire di conseguenza.
Ciò che non è emergenza non ha titolo di esistere nell’attenzione delle persone. Un “ragazzo” che muore in discoteca dopo aver assunto una nuova droga balza agli occhi delle cronache molto di più delle migliaia di persone che hanno ormai una vita bloccata e condizionata da sostanze assunte come additivi o, comunque, per stare meglio e che, invece, imprigionano il loro fisico e la loro psiche. Credono di poter essere più forti, meno ansiose, più disinibite, più prestanti sessualmente, oppure cercano e chiedono soddisfazione, soldi e fortuna ed alla fine si ritrovano ferme, senza più un futuro da costruire, con un presente incerto e difficoltoso, senza nemmeno capirne la ragione.
Ci sono troppe persone che si uccidono così. A volte rapidamente, scompaiono e diventano una notizia. A volte più lentamente si annichiliscono nella malattia mentale, evidente o mascherata. Convinte di una sorta di capacità di autocontrollo, persa da tempo, santificheranno il loro male facendone una ragione di vita. In una sorta di conformismo alla rovescia troveranno giustificazione nell’esempio di chi, come loro, e nonostante tutto, sino al primo “incidente” di percorso, riuscirà a fare cose “normali”, pur usando droghe, pur bevendo smodatamente, pur assumendo farmaci non prescritti, pur giocando in modo patologico. I numeri non ci parlano di emergenze ma delle troppe persone che endemicamente sono in queste situazioni.
Dobbiamo uscire dall’emergenza perché non ci aiuta a capire. Dobbiamo cercare di prevedere per prevenire, prima ancora di curare. Dobbiamo pensare che, ci piaccia o no, questa è la realtà e non stigmatizzare e condannare oggi chi ha un comportamento o una dipendenza che domani potrebbe essere nostra o di una persona che è per noi importante. Dobbiamo anche restringere gli spazi di chi, in tempo di crisi, ci spiega che qualunque azione in grado di promuovere vendite, creare occupazione e aumentare gettito fiscale è positiva di per sé, indipendentemente dagli effetti che crea. Purtroppo gli spazi per i consumi di tabacco e l’abuso di alcol e farmaci nonché per il gioco patologico ecc. si creano anche così, in una sorta di storia infinita che sembra concludersi mai.
Dobbiamo comprendere che le dipendenze patologiche sono prevenibili, curabili e guaribili e che, come per tutte le malattie, quanto prima si interviene quanto migliori sono i risultati.
Dobbiamo evitare il rischio di lasciare scoperto culturalmente, organizzativamente e finanziariamente il campo della prevenzione del curarsi e del prendersi cura, in attesa della nuova emergenza di turno, su cui costruire consenso per chi, come sempre, troppo tardi, lancerà azioni, per contrastarla.
Riccardo C. Gatti