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Strana giornata, il 26 giugno: secondo qualche comunicato stampa, il mondo si unisce per celebrare la Giornata Internazionale contro l’Abuso e il Traffico Illecito di Droghe, istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di rafforzare l’azione e la cooperazione nella lotta contro le droghe.

In realtà, più il tempo passa, e meno si avverte proprio quella unione tra nazioni e popoli diversi di cui, da sempre, si auspica l’esistenza, probabilmente proprio perché manca. In tema di droga c’è divisione, più che unione, al punto che si sospetta che le sostanze siano, in alcuni casi, usate come armi per guerre asimmetriche ed azioni di destabilizzazione pilotate da Nazioni contro altre Nazioni. Senz’altro sono strumenti per la conquista del potere ed il potere implica sottomissione.

L’Europa, ad esempio, è invasa di sostanze, prima di tutto la cocaina, che permettono di trasferire ricchezza ad organizzazioni e persone che hanno così modo di condizionare i mercati, le attività produttive, la salute e le scelte della società civile. Certamente celebriamo, con qualche citazione, la Giornata Internazionale contro l’Abuso e il Traffico Illecito di Droghe ma, poi, ciascuno va avanti da solo. Qualche coordinamento tra le forze dell’ordine esiste ma, guardando anche solo l’Europa, ciascuno ha le proprie leggi ed anche i sistemi di welfare e di cura funzionano diversamente.

Così diventa più facile che la lotta contro l’abuso di droghe ed il traffico illecito si identifichi soprattutto con la lotta agli emarginati. “Spesso, in nome della sicurezza, si è fatta e si fa la guerra ai poveri, riempiendo le carceri di coloro che sono soltanto l’ultimo anello di una catena di morte. Chi tiene la catena nelle sue mani, invece, riesce ad avere influenza e impunità”. E non sono io a dirlo, ma Papa Leone XIV che ha aderito alla giornata sostenendo anche che “La droga e le dipendenze sono una prigione invisibile”. È probabile, eppure, in molti ambiti, l’uso di sostanze è culturalmente sdoganato come un modo per essere vincenti e prestazionali, per affermare la propria individualità. E, attenzione, non si tratta della “cultura dello sballo” ma di qualcosa che è stato silenziosamente iniettato nella cultura delle classi dominanti che, attraverso le droghe diventano asservite al potere di chi le fornisce.

C’è una via di uscita a tutto ciò? Non so, non è facile e richiederebbe proprio un cambiamento culturale che oggi non è all’orizzonte. Eppure rimane la speranza che, prima o poi, una nuova generazione, rifiuti queste gabbie e mandi al diavolo chi vuol togliere a tutti un futuro migliore del presente, vendendo illusioni, a caro prezzo. È lo stesso mondo che riesce a fare dello sfruttamento, della sottomissione e addirittura della guerra un atto di giustizia, sventolando la bandiera della libertà.

Riccardo C. Gatti