Siamo alla prima pandemia dell’era social ed è inevitabile che una emergenza così grande cancelli tutte le altre. In questi giorni abbiamo sentito dire tutto e il contrario di tutto e, forse, abbiamo anche cominciato a comprendere la debolezza intrinseca del concetto di “opinionista” e di “influencer”.  Alcuni sono spariti, e, forse hanno fatto la cosa migliore, altri si sono messi al servizio della “corretta comunicazione”, a volte non capendo quale fosse. Altri ancora si sono proiettati nei media, ben lieti di accoglierli a patto che urlassero qualcosa oppure che, più semplicemente, fornissero una spalla allo stile della comunicazione televisiva contemporanea, dove il giornalista o il conduttore danno modo di presentare una precisa opinione ma anche una esattamente contraria. Amen e via così.

Per quanto ci riguarda, se non fosse stato per le rivolte nelle carceri (e per le overdose che ne sono conseguite), il problema droga e dipendenze, che negli ultimi tempi cominciava ad essere preso in considerazione, è ri-sprofondato in fondo alle cronache. Era inevitabile. Forse.

La situazione generale relativa al Coronavirus è davvero drammatica. Lo è per tutti, anche per chi si chiama fuori dal problema perchè si sente giovane e forte e pensa che, al limite, dovrà farsi una specie di influenza. In molti, a fatica, lo stanno comprendendo solo ora. Un Sistema Sanitario sovraccarico lo è in tutto, non solo per una singola patologia: una qualsiasi situazione di emergenza, che in passato poteva essere affrontata con una certa sicurezza, oggi potrebbe avere una risposta tardiva o meno intensa di quando necessario. Giovani o vecchi, i tempi ed i modi dell’intervento possono fare la differenza tra la vita e la morte. 

La situazione è complicata per tutti ma chi ha una patologia in atto ha un problema in più. Meglio rendersene conto, soprattutto se si può fare qualcosa per migliorare lo stato delle cose. 

Per quanto riguarda i temi trattati da droga.net, una buona notizia è che i Servizi Dipendenze, considerati alla pari dei Servizi essenziali, almeno per ora, continuano a funzionare. Una cattiva notizia, invece, è che le precauzioni necessarie per prevenire la diffusione del Coronavirus rendono difficile l’organizzazione di un ambulatorio. Questo, direttamente o indirettamente, limita le attività. Per chi è già in cura può essere un disagio; per chi deve iniziare un percorso, potrebbero esserci dei problemi, soprattutto dove i SERD sono già in difficoltà per il  grande numero di assistiti. La situazione, inoltre, potrebbe peggiorare: parte dei pazienti e degli operatori, infatti, potrebbero ammalarsi. 

D’altra parte, anche continuare a vivere da tossicodipendente, ai tempi del coronavirus, può essere sempre più complicato, soprattutto se si usano droghe illecite. I decreti che limitano le attività e gli  spostamenti della popolazione generale, rendono più evidenti gli spostamenti degli spacciatori, ma anche dei consumatori, con possibili conseguenze, di tipo penale. Leggo sempre più notizie, infatti, di persone denunciate perché, evidentemente, il procurarsi droga non viene considerato uno stato di necessità autocertificabile per gli spostamenti. Insomma si crea una situazione paradossale, per chi è dipendente da droghe illecite. Per la patologia di cui è portatore non può fare a meno della droga, ma se va a cercarla rischia una  denuncia e se ne fa una scorta, per muoversi il meno possibile, rischia egualmente tanto, perchè, se scoperto, potrebbe essere considerato uno spacciatore o di più. 

Non ho una soluzione. Le soluzioni che vengono alla mente, sono ancor più paradossali del problema da risolvere. Non si può considerare lo spaccio un servizio di “pubblica utilità”, oppure inibire gli spostamenti della popolazione generale e facilitare quelli dei tossicodipendenti non in cura. La cosa riguarda non poche persone. In una città come Milano, potrebbero essere migliaia, il che complica il tutto. Così, tra chi pensa che questa sia una evidenza della necessità di legalizzare tutte le droghe e chi, invece, vorrebbe mettere tutti in galera, si rischia di perdere di vista il nodo della questione e la ragionevolezza necessaria nell’applicazione delle norme.

Il concetto di  ragionevolezza comprende molte cose che non hanno solo a che fare con l’essere “repressivi” o nel “chiudere un occhio”, ma anche nel come chi è tossicodipendente riesce a rapportarsi (riconoscendola) alla sua patologia e nel come i Servizi Dipendenze riescono a declinare la loro azione. 

Di una cosa siamo ormai sicuri. Circolando come mosche impazzite, la situazione continuerà a peggiorare. Per ragioni varie, è stato così necessario prendere una serie di misure che sono, di fatto, restrittive della libertà personale. Questo sta cambiando la vita di tutti, da diversi punti di vista ma, al di fuori di norme e decreti, è proprio la situazione generale sanitaria e socio-economica che si sta creando attorno a questa pandemia che cambierà il nostro modo di vivere, quando il Coronavirus rimarrà solo un ricordo. 

Anche chi usa droghe deve capire che il mondo è cambiato e cambierà … e fare la sua parte, come tutti. Ma, in concreto, cosa può fare adesso? 

Alla faccia dei manuali diagnostico – statistici che classificano qualunque cosa come una patologia, perché partono dall’esperienza di chi vede soprattutto malati, ci sono molte persone che usano droghe per scelta, non ne sono dipendenti e ne possono fare a meno. La leggenda che chiunque usa droghe è un tossicodipendente è, appunto, una leggenda di cui talvolta si fa un uso strumentale, per ottenere vantaggi altrimenti non ottenibili. Le persone che usano droghe corrono rischi importanti: prima o poi possono perdere il controllo della situazione dal punto di vista fisico (malattie) o anche psichico. Ma se usano droghe, non ne sono dipendenti e ne possono fare a meno … adesso è il momento di rinunciare ad usarle, poi si vedrà: anche una pausa di riflessione, a volte, aiuta a capirsi meglio. 

Poi c’è chi, invece, ha effettivamente contratto una dipendenza patologica. Non è una patologia da poco, può essere mortale ma, soprattutto è invalidante, dal punto di vista psichico ed anche da quello fisico. E, attenzione, non stiamo parlando solo di droghe illecite. Chi è dipendente da alcol, ad esempio, può correre gravi rischi anche semplicemente andando in astinenza. Per chi è alcolista, quindi, non bisogna in modo assoluto sospendere  improvvisamente l’uso di alcolici. 

Chi dipende da sostanze illecite ha, come dicevo prima,  problemi in più, perché a differenza degli alcolisti o dei tabagisti, anche il solo procurarsi droga può essere un problema e, comunque, come nella dipendenza da sostanze lecite, smettere non è affatto facile e, in alcuni casi, diventa anche molto problematico. 

Quindi l’indicazione più semplice è quella di farsi aiutare. I Servizi Dipendenze, almeno per ora, funzionano e, se non potranno agire in modo strutturato e multidisciplinare, come in condizioni “normali” andrebbe fatto, saranno comunque capaci di fornire supporto, almeno per ridurre il consumo di droghe in chi ne è dipendente.

Chi mi legge potrebbe, dal punto di vista della dipendenza, essere in una situazione più o meno grave e deve essere cognito che, in questo campo, nessuno è in grado di fare miracoli,  ma, per tutti è possibile fare qualcosa per migliorare la situazione. D’altra parte non esiste il trattamento o la pillola magica che in una settimana risolve il problema, anche in periodi meno critici di questo, anche perché, come ben sappiamo, difficilmente chi ha una dipendenza da sostanze … usa un’unica sostanza, legale o illegale che sia. 

Riassumendo.

Oggi la pandemia da coronavirus sta rendendo difficile la vita di tutti noi. In caso di dipendenza patologica il Servizio Pubblico Dipendenze (SERD) di zona può essere abbia alcune difficoltà operative, assolutamente comprensibili, ma esiste sempre la possibilità di fare qualcosa per migliorare la situazione. Anche se le difficoltà operative dei Servizi di cura diventassero più grandi, eviterei,  il “fai da te” nel momento in cui si decide di affrontare la propria dipendenza da sostanze. Bisogna agire sempre sotto il controllo o almeno la supervisione di un medico. E se proprio si vuole fare qualcosa da soli, per agevolare il percorso, in attesa, magari, di essere presi in carico e fare passi ulteriori, una ragionevole, moderata e progressiva riduzione del consumi, può essere una buona scelta. 

La riduzione deve essere ragionevole, moderata e progressiva, per non provocare reazioni abnormi dell’organismo e malesseri che portino al fallimento della azione. Ciò tenendo presente che, ritornare ai dosaggi precedenti dopo aver ridotto i consumi, potrebbe causare una overdose, soprattutto ma non esclusivamente, in chi usa oppiacei. Quindi … grandissima prudenza! 

Altra cosa di cui tenere conto è che le sostanze si accumulano nell’organismo e, quindi, l’effetto di una riduzione delle dosi potrebbe variare da persona a persona. In relazione alla sua costituzione fisica ed al suo metabolismo si potrebbero presentare sintomi di astinenza in momenti diversi e con diversa intensità. 

Per questo, per meglio controllare eventuali sintomi, alcuni preferiscono una riduzione del dosaggio progressiva ma a scalini successivi (si diminuisce la dose e, diminuita, la si mantiene costante per diversi giorni, fino a quando la situazione si normalizza; solo allora la si diminuisce ancora e così via). In questi percorsi, tuttavia, è importante non usare farmaci, se non lo si è concordato con un medico che conosce la situazione (ad esempio il medico del SERD, ma può essere anche il medico di famiglia) e bisogna fare attenzione all’uso concomitante di altre sostanze psicoattive. Mi spiego meglio. Se, ad esempio, per scalare eroina, cocaina amfetamina ecc., sì aumenta l’uso di alcol o di farmaci non prescritti, la situazione diventa pericolosa e rischia di peggiorare, anziché migliorare. 

Chiaramente le mie indicazioni sono molto semplici e, se vogliamo, banali, ma il vero rischio, in queste situazioni e di voler trovare in autonomia (magari pressati dall’ansia, dagli  eventi o dall’incitamento di persone care), rimedi che possono diventare peggiori dei mali. Questo cercando di fare in pochi giorni ciò che invece richiede necessariamente tempi medio lunghi, per avere successo. 

Speriamo, quindi, di uscire prima possibile da questa situazione pandemica ma, nel frattempo, l’importante è non scoraggiarsi, anche capendo che la gravità del momento deve spingere tutti ad aver maggior cura di se stessi, senza dimenticare il buon senso.    

Riccardo C. Gatti