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«Parlate di mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene», diceva Borsellino.

Vedo molta attenzione mediatica per il Fentanyl (che fa strage in Nord America ma non da noi) e mi dico che è bene prestare attenzione preventiva ad un problema possibile.

Vedo molta attenzione per la dipendenza da smartphone, da gioco, dalle relazioni tossiche … da tutte le dipendenze non da sostanze. Addirittura leggo di nette prese di posizione governative sulla cannabis light a margine di un intervento “parlate di mafia” che si ispira alle parole di Borsellino ma …

… ma mi pare che, a fronte di tutto ciò, la diffusione di cocaina, che arriva a tonnellate e si diffonde trasversalmente nella società civile (con il suo potenziale di corruzione ed alterazione) e la diffusione del crack (che, poco per volta metterà pesantemente in crisi i servizi di salute mentale e creerà anche potenziali problemi di sicurezza nei territori), stiano passando in secondo piano.

Quasi come se, questa diffusione, riguardasse solo pochi “ragazzi” emarginati da “salvare” e non, invece, tutte le fasce d’età colpendo anche chi occupa ruoli chiave nella società.

Quasi come se, la cocaina, sia inevitabile, indiscutibile, scontata, e la sua presenza non avesse una logica che non è solo di alterazione, di rapporto domanda – offerta … ma anche di potere e di sottomissione. Quasi come se non se ne potesse parlare. Quasi come se non se ne conoscessero i mandanti.

«Parlate di mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene», diceva Borsellino.

Riccardo C. Gatti