Le droghe fanno male o fanno bene? Fino a non molti anni fa la maggior parte delle persone avrebbe risposto che “la droga fa male”. Infatti, uno dei motivi per cui è vietato il commercio di ciò che è definito “droga” è, appunto, la sua dannosità. Un altro motivo per cui alcune sostanze vengono definite “droghe” e, di conseguenza, vietate è la loro capacità di creare dipendenza patologica. Da tempo, tuttavia, è noto che alcune sostanze che sono definite “droghe” possono avere effetti benefici. L’esempio tipico è quello degli oppiacei che, nella terapia del dolore, sono praticamente insostituibili. Anche l’eroina è un oppiaceo ma è una sostanza il cui commercio è vietato, essendo classificata come droga. I farmaci oppiacei, invece, sono venduti in farmacia con ricetta medica, pur avendo molti effetti in comune con l’eroina.
Insomma ci sono non poche droghe che hanno effetti simili a quelli di alcuni farmaci, così come ci sono farmaci che hanno effetti simili a quelli di alcune droghe. Non c’è da stupirsi, pertanto, che in alcune condizioni patologiche, ci siano alcuni principi attivi di specifiche droghe che possono produrre effetti benefici. Una critica alle legislazioni portata da alcuni ricercatori è, infatti, che l’aver definito alcune sostanze “droghe illecite” ha, di fatto, reso più complesso l’iter per poterne sperimentare le applicazioni terapeutiche.
Detto ciò, se dovessi definire il più grande cambiamento avvenuto nel corso degli ultimi 30 anni in tema di droghe, non mi riferirei ad una specifica sostanza, piuttosto che ad un tipo di trattamento per la dipendenza o, ancora, ad una modalità d’uso delle sostanze, quanto al passaggio dal concetto di droga come pericolo e male assoluto, al concetto di droga come un prodotto di possibile consumo, compatibile con una normale costruzione di vita ed, eventualmente, benefico.
Se, ad esempio, ci riferiamo alla cannabis, il cambiamento negli anni è stato netto e visibile. Il suo consumo, che anni fa poteva essere considerato stravagante o deviante, oggi, a livello giovanile, non è per nulla stigmatizzato e gradualmente sta interessando fasce ampie di popolazione, anche non più giovane. Il fatto che fasce sempre più ampie di elettorato si accostino al consumo di cannabis incomincia a porre i Governi di diversi Paesi della sfera occidentale in una situazione molto complessa. La sostanza rimane, di fatto, classificata come
droga, il suo consumo rappresenta un illecito ed il suo commercio è un atto criminale, ma questa situazione è sempre meno sostenibile proprio per la sua diffusione.
Alcuni Stati USA hanno affrontato il problema con una sorta di legalizzazione limitata all’utilizzo terapeutico, altri hanno consentito l’uso ricreativo. La cannabis “legale” è diventata un grosso business e anche grandi gruppi commerciali hanno cominciato a valutare la possibilità di ripetere ciò che già era successo con il tabacco: una industria che ha dato nel secolo scorso il maggior reddito per ogni dollaro investito. Da quel momento siamo invasi da notizie riverberate e amplificate da blog e siti internet di tutto il mondo che ci spiegano gli effetti benefici (nel senso di curativi) di alcuni principi attivi della cannabis. Ogni giorno appare la notizia di un effetto benefico su una diversa patologia, con il risultato che sempre più persone pensano, automaticamente e sbagliando, che fumare hashish o marijuana faccia bene di per sé.
La stessa operazione ha incominciato a riguardare anche altri tipi di droga, dall’ecstasy all’LSD ogni sostanza sembra avere effetti benefici, altrimenti non ottenibili. Questa modalità di mass marketing non è nuova. L’associazione concettuale alla buona salute o al benessere dell’alcol (“il buon vino fa buon sangue”) e del tabacco (“fumo per concentrarmi e rilassarmi”) è nota ed efficace. Ciò che cambia è che oggi, ai tempi di Internet, appare più “virale” e penetrante di un tempo, quando i media che la veicolavano erano solo radio, televisione e carta stampata e quando la pubblicità si riconosceva facilmente come tale. Così sostanze che fino a poco tempo fa erano viste come droghe, incominciano ad essere viste come farmaci e, per proprietà transitiva, ci sono farmaci che incominciano ad essere usati come droghe. In alcuni casi questa situazione ha creato disastri, come in Nord America, dove l’abuso di farmaci oppiacei per la terapia del dolore ha creato più morti di eroina e cocaina messe insieme. Quando si è cercato di controllare la situazione diminuendo le prescrizioni improprie, le morti da overdose da farmaci sono scese ma, parte dei tossicodipendenti da farmaci, si è rivolto all’eroina che, oggi, è la droga emergente in quei Paesi.
In una società come la nostra che è di fatto basata sui consumi (e sulla fidelizzazione delle persone ai consumi) il mercato della droga continua ad avere il ruolo paradossale di un “mass market … proibito”. Una delle principali contestazioni degli antiproibizionisti allo status quo è infatti proprio che la proibizione sarebbe alla base dei grandi guadagni della criminalità organizzata e che il regime proibizionista, per quanto riguarda l’uso di droghe, aggiungerebbe ai problemi propri di questi consumi anche le conseguenze legali connesse all’illiceità degli stessi.
Ma è pensabile che un mercato di massa possa continuare ad essere proibito in presenza di un mass marketing lecito e palese?
Non dimentichiamoci che sempre più persone fanno (o hanno fatto) uso di derivati della canapa e non è, quindi, strano che proprio sulla cannabis si concentrino proposte di legalizzazione. La base elettorale in grado di fare la differenza c’è ed è in crescita. Non è quindi escluso che il passaggio del mass market della cannabis dall’illecito al lecito possa avvenire. Se ciò accadesse sarà difficile pensare ad un ulteriore incremento nei consumi, già molto diffusi, dei più giovani, anche perché l’attuale strategia di comunicazione non è indirizzata a loro. La cannabis compatibile, accessibile e benefica, sembra più collegata a risolvere problemi e acciacchi di una età più avanzata, visto che viene ormai presentata come una panacea per qualunque male. Sarà anche difficile pensare che la criminalità organizzata rinunci facilmente ai guadagni attuali, anche perché questo tipo di criminalità, ormai, e per tutte le droghe, si occupa sempre meno di vendita al dettaglio ed investe piuttosto sul brokeraggio e sulla logistica. Potrebbe cambiare, in parte, il sistema di vendita al minuto ma rimanere invariato il sistema di potere che da sempre controlla il traffico internazionale. Non per nulla e da tempo, ormai, le “mafie” più evolute investono contemporaneamente nel lecito e nell’illecito e sono in grado di esercitare la loro influenza politica, economica e militare in modo tanto sofisticato quanto poco evidente all’opinione pubblica.
Insomma dietro l’affermazione che “la droga fa bene” potrebbero esserci gli stessi interessi che un tempo si giocavano sulla convinzione che “la droga fa male”. Bene o male, leggera o pesante, sintetica o naturale, lecita o illecita … l’importante è che si venda. In ogni caso, anche in un mercato legalizzato, resterà sempre un margine importante per quello illegale, così come accade per il gioco d’azzardo. Per gli operatori commerciali, leciti o illeciti, continuerà ad essere fondamentale che continuino intense le discussioni sui confini dell’uno e dell’altro mercato o che esploda periodicamente l’emergenza su un singolo prodotto. Lascerà spazio libero a tutti gli altri e procurerà consenso e risorse a chi saprà cavalcarla.
Fondamentale sarà anche che i cittadini non si interroghino su come nascono i loro bisogni di sostanze o di situazioni che, in cambio di un piacere effimero, sono in grado di minare la loro salute fisica e psichica, affinché non costruiscano mai serie resistenze culturali verso questo tipo di mercati, di prodotti (leciti o illeciti), di informazione che ad essi si collega ed anche, naturalmente, verso chi li propone.
Eppure il mio atteggiamento è ottimista. Forse sarà una utopia ma credo che, prima o poi, le persone svilupperanno collettivamente un atteggiamento diverso ed avversativo verso il mass market delle sostanze psicoattive usate a scopo ricreativo, senza essere proibizioniste o antiproibizioniste, senza dichiarare o revocare guerre alla droga ma, semplicemente, per scelta consapevole ed intelligente di chi costruisce progresso.
Riccardo C. Gatti