fulmineQuello che è avvenuto al Senato in questi giorni a proposito di gioco d’azzardo è riassumibile dalla frase del Presidente del Consiglio “La norma sul gioco d’azzardo è stata un errore e il governo ha intenzione di rimediare” (Partitodemocratico.it). Evidentemente anche i parlamentari sbagliano ma il dubbio che certi sbagli non avvengano a caso è forte. D’altra parte Federica Chiavaroli sostiene: “Non ho idea di chi siano le lobby del gioco d’azzardo. È semplicemente prevalsa la responsabilità di governo, il senso di dovere verso i bilanci dello stato. Forse non si sa che gli emendamenti di questi tempi trovano copertura grazie a tre voci: gioco, fumo alcol”. Niente “mafie delle slot”, dunque: “Sono per la famiglia, l’ho fatto per l’erario” (Huffington Post).
Insomma, definire con una norma che «qualora interventi legislativi regionali ovvero regolamentari di autonomia degli enti territoriali, aventi ad oggetto misure in materia di giochi pubblici riservati allo Stato, determinino nel corso di un esercizio finanziario minori entrate erariali, a decorrere dall’esercizio finanziario successivo sono attuate riduzioni degli ordinari trasferimenti statali a favore delle regioni ovvero degli enti locali che hanno deliberato tali interventi in misura corrispondente all’entità delle predette minori entrate ovvero maggiori spese» e che «Le riduzioni cessano a decorrere dal momento nel quale tali interventi legislativi e regolamentari sono abrogati o revocati o comunque modificati in modo tale da risultare coerenti con l’assetto regolatorio statale in materia di giochi pubblici» non sarebbe a favore delle lobby del gioco d’azzardo ma a favore del bilancio dello Stato e, quindi, di tutti noi.

Premetto che personalmente non ho nulla contro il gioco d’azzardo e per chi, nel rispetto delle leggi, ne organizza la possibilità. Anzi non comprendo come, per anni, si sia limitata in modo fin troppo rigido la presenza nel territorio dei Casinò, senza dubbio più organizzati, controllabili e delineabili nella loro funzione, anche in termini di promozione turistica, di quanto ora viene proposto e promosso a livello territoriale. Mi rendo conto, tuttavia, che ciascuno di noi ha una sorta di soglia naturale che lo protegge dalle dipendenze patologiche e che varia da persona a persona. Se questa soglia è superata con un insieme di stimoli adeguati è possibile forzare i livelli di protezione e innescare la patologia. Chi propone il gioco d’azzardo non ha alcun interesse al fatto che i suoi clienti si ammalino ma, ovviamente, ha interesse al fatto che giochino il più possibile. Nel promuovere e costruire il gioco, così, fa leva su tutti quegli elementi che, oltrepassando i limiti inibitori individuali, spingono a giocare di più. La presenza ampia e diffusa di possibilità di gioco sul territorio ha fatto il resto ed ora se ne percepiscono gli effetti collaterali.

Apparentemente si era organizzata una tempesta perfetta:

Prima realizzo le condizioni per una forte pressione alla compulsività del gioco d’azzardo

Poi dichiaro il gioco d’azzardo compulsivo una patologia e la inserisco nei livelli essenziali di assistenza

Poi faccio in modo che le risorse per la cura derivino dal gioco d’azzardo

A questo punto è innescata una «tempesta perfetta» da cui tutti guadagnano (stato – biscazzieri e terapeuti) salvo i giocatori, compresi quelli non patologici, che devono assumersi gli oneri della cura di una patologia creata a tavolino da altri  … e tutto ciò appare commercialmente eticamente e politicamente corretto!

In realtà la tempesta era IMPERFETTA perché, una volta dichiarato il gioco d’azzardo compulsivo una patologia e inserita nei livelli essenziali di assistenza, non è stato portato a termine il percorso e le risorse per la cura dovevano essere trovate a scapito di altre dipendenze ma soprattutto perché una ampia diffusione del gioco a livello del territorio, non solo ha generato più dipendenze da gioco ma anche un numero sempre più ampio di persone che esaurivano, giocando, le loro già scarse risorse, senza essere necessariamente malate.

In termini di promozione del gioco è utile far credere che chi perde (molto) danaro nel gioco sia malato in modo che tutti gli altri (sani) continuino a giocare ed, egualmente, a perdere.
Il legislatore, conscio che la pressione al gioco avrebbe creato una certa percentuale di giocatori patologici, ha così varato rapidamente norme atte a ribadire che ogni Azienda Sanitaria doveva mettere a disposizione luoghi di cura ma non ha valutato a sufficienza l’impatto complessivo dell’azione sulle famiglie dei giocatori abituali, sebbene non patologici, che hanno visto diminuire bruscamente le loro risorse economiche.

Gli Operatori sociali del territorio ed i Politici Locali hanno così, per primi, raccolto un allarme che si stava diffondendo ed hanno intrapreso azioni per arginare il problema e rispondere alle ansie di chi ne era coinvolto ma si sono scontrati con uno Stato centrale che aveva fatto conto su nuove possibili entrate e su parlamentari che probabilmente erano anche pressati dal lobbismo degli imprenditori del gioco. Il tentativo di mantenere comunque consensi per interessi contrapposti a livello centrale e periferico ha portato alla situazione attuale, vergognosa e assurda.

Non sono in grado di dire se il tutto sia legato, come alcuni sostengono, anche a logiche mafiose o paramafiose o, comunque non chiare nei rapporti esistenti tra imprenditori e politici, anche perché, come al solito, è molto difficile valutare bene le catene di responsabilità che portano a certe scelte piuttosto che ad altre. Ma credo che ciò che è successo ci possa insegnare alcune cose:

Lo Stato è affamato di risorse e non sa più come fare a procurarsele. In ogni caso le deve ottenere dai cittadini in modo diretto o indiretto. I modi indiretti sono quelli più pericolosi perché meno apparenti e, quindi, meno controllabili nei loro percorsi e nelle loro interazioni

La classe politica si è dimostrata, ancora una volta, non alla altezza della situazione, non tanto per avere deciso impropriamente in questa circostanza o avere, come da espressione del Capo del Governo, commesso un errore, ma per non aver valutato le conseguenze di decisioni prese nel tempo e che avevano la possibilità di essere meglio valutate complessivamente

Lo sfruttamento della tendenza alla compulsione ed alla dipendenza delle persone è “normale” nella società contemporanea, bisogna, tuttavia, prestare particolare attenzione a quelle interazioni tra impresa e politica che possono generare vantaggi solo per alcuni e disastri per tutti gli altri, soprattutto in presenza di una classe politica che dimostra reali difficoltà in questo tipo di valutazioni

Questo tipo di interazioni pericolose sono molto evidenti quando toccano direttamente ed immediatamente il portafoglio di molte famiglie (come in questo caso) ma ce ne sono altre, meno evidenti, che agiscono in altri campi, con costi non certo inferiori. Un esempio? Le politiche sui farmaci con particolare (ma non esclusivo) riferimento a quelli che possono dare dipendenza.

Il fatto che, all’interno di iniziative che girano milioni di euro, non si siano ancora trovate risorse (fatte salve le scelte temporanee di alcune Regioni) per la cura dei giocatori patologici è, semplicemente, vergognoso

Il dubbio che il sistema preventivo e terapeutico sulle dipendenze patologiche sia volutamente lasciato in condizione di perenne sofferenza, in modo da poter agire solo parzialmente sulla cronicità e sulle situazioni limite ma … non molto di più, si rafforza. Prevenzione efficace dei comportamenti a rischio di dipendenza patologica ed intervento precoce per la cura e l’assistenza significa meno guadagno per chi li propone. C’è chi, evidentemente, tutela anche questo margine di profitto.

Auguriamoci un anno migliore ma l’espressione “Forse non si sa che gli emendamenti di questi tempi trovano copertura grazie a tre voci: gioco, fumo alcol” (mancano, ancora, le droghe ed i farmaci che danno dipendenza!!! N.d.A.) lascia proprio l’idea che, ormai, un cambiamento globale delle politiche e delle prospettive nazionali sia realmente necessario. Personalmente vedo la situazione attuale con tristezza e rabbia contemporaneamente, mentre ritengo non sia il momento di accettare la rassegnazione.

Riccardo C. Gatti 22.12.2013