pericolo di morteC’era un tempo in cui i giornali contavano i morti per droga. Ogni giorno moriva qualcuno, spesso con una siringa nel braccio, dopo l’ultima “pera” di eroina. Le overdose di eroina furono, assieme alla diffusione dell’AIDS, uno dei motivi dell’emergenza droga degli anni ’90. Poi, ad un certo punto, le cose migliorarono.  Il picco massimo di decessi per droga si ebbe, in Italia, nel 1996 con 1.566 casi. Seguì un costante decremento fino al 2003 e, poi, una parziale inversione di tendenza.  Nel  2007 le vittime erano 589,  38 in più dell’anno precedente. La più giovane aveva soltanto 16 anni anche se le fasce di età più a rischio rimanevano quelle comprese tra i 30 e i 39 anni. Un pessimo bilancio ma, comunque, decisamente migliore di quello di dieci anni prima tanto che, proprio sul  conforto dei dati, si sono basati una serie di ragionamenti rassicuranti tesi a giustificare, tra l’altro, l’attuale modo di operare del Sistema di intervento ed il suo orientamento generale.

Tranquilli? La relazione annuale antidroga 2006 del Governo affermava  “E’ da ritenere che la minore disponibilità di eroina, la sostanza sicuramente più tossica, insieme all’esistenza di numerose strutture di recupero e alla maggiore consapevolezza dei danni che questa sostanza provoca alla salute, abbia determinato il drastico calo dei decessi” ma sosteneva anche, a proposito dei decessi che “I casi contemplati si riferiscono alle morti attribuite in via diretta alle assunzioni di droghe, mentre mancano quelle riconducibili all’assunzione indiretta, quali potrebbero essere i decessi conseguenti a incidenti stradali per guida sotto l’influsso di stupefacenti, oppure le morti di assuntori di droghe dovute a complicazioni patologiche. Mancano ovviamente anche quei casi per i quali non siano state interessate le Forze di Polizia”. Ebbene, a mio avviso, anche considerando i sequestri, oggi circola eroina almeno quanta ne circolava negli anni ottanta e novanta ma, in più, cocaina e droghe sintetiche stimolanti vengono usate in modo molto diffuso. I dati ufficiali, pertanto, sono evidentemente sottostimati. Salvo casi particolari non tengono conto, ma sono solo due esempi, di chi assume coca e poi muore di infarto o di chi beve e si fa una canna e poi si schianta in auto ecc. ecc.. Difficilmente i nostri dati ufficiali inseriscono nei conteggi chi muore per droga e non lo fa con una siringa nel braccio o non è coinvolto in una situazione mediaticamente eclatante proprio in un momento in cui l’uso di droghe potenzialmente letali è molto più diffuso di un tempo nella popolazione generale. Oggi è più facile morire di droga per una “complicazione patologica” piuttosto che per una overdose.

Inoltre nei “morti per droga” continuano, chissà perché,  a non essere considerati tutti i decessi dovuti a “complicazioni patologiche” compresi quelli degli alcolisti e dei tabagisti (emarginati e non) che sono infinitamente più numerosi dei decessi connessi all’uso di droghe illecite.

Concludendo: se si valutassero in modo più corretto i dati connessi alle morti per droga (considerando tutte le sostanze d’abuso e non solo alcune ed includendo le complicazioni patologiche connesse all’uso di sostanze lecite e illecite) avremmo un quadro complessivo completamente diverso da quello che ci viene normalmente rappresentato.  L’attuale visione della questione, invece, risentendo soprattutto di antiche logiche legate alla diminuzione della microcriminalità provocata dagli eroinomani emarginati ed al contenimento della diffusione dell’AIDS (quando i tossicomani erano considerati categoria a rischio) non permette di inquadrare il problema in modo adeguato. Considerando correttamente il dato delle morti per droghe legali o illegali ci troveremmo, cioè, di fronte al quadro di una impressionante mattanza silenziosa.

E’ chiaro, però, che se il dato venisse rappresentato per quello che è, le scelte politiche di settore, la legislazione, la prevenzione, molte priorità degli interventi, l’organizzazione stessa dei Servizi di cura e di recupero, le azioni per la riduzione del danno e dei rischi connessi all’uso di sostanze, dovrebbero essere formulati in modo diverso ed anche una certa retorica salvifica che pure fa parte del mondo della lotta alla droga, dovrebbe essere diversamente dimensionata. Certo non è facile svegliarsi una mattina e scoprire che una parte di mondo è diversa da come l’abbiamo immaginata o da come ce l’hanno fatta immaginare ma non è una ragione per vivere perennemente con le persiane chiuse.

Riccardo C. Gatti 20.4.08