Pensando al mondo della droga, quasi automaticamente immaginiamo ad alcuni scenari reali ed ai “protagonisti” che li animano.

Il primo è quello della devianza, della emarginazione, della sofferenza, della morte e della schiavitù dalla sostanza. Il secondo è quello dello “sballo” aggregativo e dell’alterazione di soggetti che non riescono a divertirsi senza sostanze. Qui, lasciando perdere i “rave”, dove forse, cambia la musica, ma nel tempo sembrano ripetersi sempre uguali, la scena si è un po’ spostata dalla discoteca alla movida, ma niente di più. Dai “ragazzi” dello zoo di Berlino degli anni ‘70, ai “ragazzi” di Rogoredo, ai “ragazzi” delle discoteche o della movida … comunque i consumatori di droghe, nel nostro immaginario, sono “ragazzi”. Anche quando passano la trentina e quando entrano nei fatti di cronaca, rimangono tali: “ragazzi”.

Il limite di questa rappresentazione, che ci arriva anche dai media, e su cui non di rado, si innescano emergenze ma anche reazioni e decisioni conseguenti è che, probabilmente, rappresenta solo la parte visibile di un iceberg, difficile da misurare nella sua estensione. Basta prendere a caso una mappa della produzione e del traffico di droghe (*) , infatti, per comprendere come il consumo di sostanze illecite sia probabilmente qualcosa più ampio di ciò che normalmente immaginiamo.

Il lock-down è come se ci avesse dato la possibilità di intravederlo anche nella parte sommersa. Tutto o quasi è fermo, la gente è in casa, ma la distribuzione di droghe illecite continua, con una efficiente delivery. Non è per i “ragazzi” dei boschetti e per i tossicodipendenti in situazioni marginali o con scarse risorse economiche. Per loro solo grandi difficoltà. Alcuni vengono segnalati, sanzionati o denunciati. Nessuno accetta, nelle autocertificazioni, la tossicodipendenza come stato di necessità: il bisogno di uscire per procurarsi droga. Altri, non molti, si rivolgono ai Servizi di cura. Chi è dipendente da sostanze lecite in qualche modo è tutelato: tabaccai, alimentari per l’alcol e farmacie sono aperti; loro no. L’efficiente delivery delle droghe li riguarda solo tangenzialmente. E nemmeno intercetta i “ragazzi” delle discoteche o della movida. Questi non trovano più eventi ad hoc ed occasioni di aggregazione, dove consumare sostanze. Sono dipendenti da queste occasioni, più che dalle sostanze: senza aggregazione, il consumo perde di significato. Smettono di consumarle, in attesa di tempi “migliori”, ed apparentemente senza conseguenze. Gli eventi di emergenza / urgenza, con chiamata dell’ambulanza e trasporto in ospedale, si riducono.

Così il mercato illecito non soffre o soffre meno. Gli approvvigionamenti si fanno più complicati ma, ridotti i consumatori occasionali, le scorte possono bastare per la delivery: un modello distributivo “invisibile”, ma già consolidato perché ben funzionante da tempo. Le droghe arrivano a casa, nelle vicinanze di casa o anche nel luogo di lavoro. “Andrà tutto bene”, perché il modello è decisamente più sicuro della Rete, dove è vero che gli ordini arrivano via corriere espresso ma, volendo, sebbene con difficoltà, sono molto più tracciabili. Un numero ampio di clienti lo utilizza e continuerà a farlo per un uso “integrato” di droghe, non necessariamente legato ad eventi, è socializzato soltanto tra pari e vissuto privatamente. Consumatori fedeli che non manifestano in modo apparente quelli che gli esperti chiamano “disturbi da uso di sostanze”. Persone non a rischio, dunque? Tutt’altro. Come tutte le altre che consumano droghe sono a rischio: camminano sul filo ed il rischio di cadere rimane alto. Forse hanno solo un po’ più di equilibrio e, soprattutto, anche quando cadono, nei rapporti interpersonali, negli affetti, nella sessualità, nel lavoro, nella progettualità, nella salute, continuano a ripetersi che “andrà tutto bene”. Prendono decisioni sbagliate in modo seriale e credono che le sostanze che usano siano la loro forza, non la loro debolezza.

Sono la parte nascosta dell’iceberg, quella a cui non si pensa, quella che non suscita interesse, sgomento e nemmeno pietà. Persone di cui, spesso, non ci si spiega reazioni e comportamenti sino a quando non accade un evento critico che ne svela la storia. Sono un pilastro fondamentale del mercato della droga, quello più certo e solido su cui fare investimenti. Se occupano posti chiave e di potere, in qualunque settore, sono corruttibili o ricattabili: possono diventare il punto di connessione tra la società civile e gli affari di criminali che, da tempo, investono contemporaneamente sul lecito e sull’illecito. Rappresentano seri problemi per le organizzazioni in cui lavorano o se hanno un ruolo politico. Lo sono ancora di più quando occupano posizioni di vertice. Ma poiché degli iceberg si vede solo la punta, non ce ne occupiamo. Ed a loro va benissimo così. Continuiamo a pensare che il “problema droga” sia un altro, con altri scenari e protagonisti diversi.

Ma, come gli altri “ragazzi” della droga, sono in bilico, e quanto più partecipano alla vita attiva, lo siamo anche noi con loro. Sarebbe importante che si facessero aiutare per cambiare uno stile di vita che, comunque, li imprigiona, anche quando nessuno oserebbe mai chiamarli “ragazzi”. Ma la nostra organizzazione sociale, le nostre leggi e la nostra visione del problema, sembrano costruiti per fare in modo che il tutto rimanga sommerso. Anche gli iceberg, tuttavia, non esistono per caso e, in tema di droga, oggi, questo è il nostro punto di maggior debolezza, proprio perché non lo consideriamo.

Riccardo C. Gatti

(*) La mappa riportata è una di quelle più diffuse in rete. Rappresenta bene ciò che vuole descrivere, ma risale a qualche anno fa. Per dati europei più aggiornati, anche per singola sostanza, è meglio consultare il report EMCDDA – EUROPOL EU DRUG MARKETS REPORT 2019 a questo link che riporta i dati al 2019