Non è facile prevedere come si svilupperà l’emergenza Covid-19. Ciò che è sicuro, tuttavia, è che ha cambiato la nostra vita rapidamente, tanto rapidamente che, forse, ci vorrà del tempo per comprenderlo, anche rispetto al futuro. In molti si stanno ponendo il problema di come ripartire, ed intanto che lo fanno, percepiscono che, dopo questa pandemia, gli scenari in cui operano potrebbero essere diversi da oggi, per esempio nell’ambito della produzione e del commercio ma anche della politica e dell’economia. Forse non finirà l’era della globalizzazione ma, probabilmente, sarà una globalizzazione diversa.

Mentre scrivo, localmente la diffusione delle droghe illecite è crollata: il grande mercato finalizzato al consumo occasionale in situazioni particolari e nei diversi luoghi di aggregazione, semplicemente non esiste più, in assenza di occasioni di incontro. Questo ha permesso agli spacciatori di avere scorte a sufficienza per i tossicodipendenti, che in relazione alla loro patologia, delle droghe non possono fare a meno. I prezzi delle sostanze sembrano ancora stabili o poco aumentati e la domanda ai Servizi di cura da parte di pazienti nuovi, non conosciuti, non sembra variata in modo significativo.

La riduzione delle attività imposta dal Governo e dalle Regioni rendono, però, più complicati i rifornimenti della rete di spaccio: diventano più “visibili” e, quindi, intercettabili. Se la situazione connessa con l’emergenza Covid-19, pertanto, durasse nel tempo, le scorte di droghe potrebbero ridursi, con grosse difficoltà per chi non riesce a fare meno della sostanza da cui dipende (ne ho parlato qui).

Bisogna considerare, però, che non siamo di fronte ad una situazione locale. Gradualmente tutto il mondo deve affrontare analoghi problemi. Ovviamente, anche chi commercia droga, spera che si torni presto alla normalità ma, proprio perché la pandemia sta interessando il mondo intero, e potrebbe mutare l’equilibrio degli scenari economici e politici, un po’ come è accaduto con le guerre mondiali, non è detto che la normalità di domani sia identica a quella di ieri. Questo anche se la tendenza di tutte le organizzazioni e dei sistemi sociali è quella di ritornare allo stato iniziale, anche dopo che un evento catastrofico li ha allontanati da quello stato.

Tuttavia, appena prima della diffusione del Covid-19, erano già in corso cambiamenti che potrebbero trovare consolidamento in seguito alla necessità di doversi riorganizzare, dopo l’epidemia. Più precisamente, soprattutto nel Nord America, ma non solo, stava aumentando l’interesse della criminalità organizzata per la distribuzione di sostanze sintetiche. La novità non è tanto nelle droghe sintetiche, quanto nella volontà di imporle sul mercato, anche creando nuovi prodotti mix (es. utilizzando i derivati del Fentanil ed unendoli non solo all’eroina ma anche alla cocaina ed agli amfetaminici). L’azione è di particolare interesse perché pare che originariamente non sia partita dalla domanda, ma sia stata pilotata dall’offerta che, in alcuni casi, andava ad incontrare una clientela non usuale, già resa dipendente dall’uso di farmaci oppiacei (ne ho parlato qui).

La diffusione dei derivati del Fentanil ha creato nel Nord America una strage legata alle overdose, ma questo non ha scoraggiato il mercato che non si è curato della morte di migliaia di clienti a fronte dell’enorme guadagno connesso ai prodotti di sintesi, molto meno costosi all’origine, dei prodotti legati all’agricoltura ed a successiva lavorazione, immagazzinaggio e distribuzione. Probabilmente anche la progressiva legalizzazione della cannabis nel Nord America ha fatto la sua parte nel provocare questa rimodulazione del mercato dello spaccio. Infatti l’Europa e l’Italia non hanno visto una situazione analoga agli USA anche se, di recente, i segnali di un possibile cambiamento in corso erano visibili, vista la crescente individuazione di sostanze sintetiche sul territorio europeo.

Consideriamo un dato di fatto: le droghe (nel senso di sostanze psicoattive) sono tali solo per il consumatore finale. Dalla produzione al consumo, tuttavia, hanno un significato differente. Sono moneta di scambio, strumenti di corruzione, potere, destabilizzazione, e costruiscono la parte importante di una enorme economia, parallela a quella legale. Questo spiega la ragione per cui esistono canali logistici che permettono alle sostanze illecite di essere distribuite il tutto il mondo. Ogni nodo di questa distribuzione produce lavoro, ricchezza e valore aggiunto al prodotto che, a differenza dell’oro, ha anche un consumatore finale che lo distrugge consumandolo, aggiungendo ulteriore profitto.

Se questo è uno dei motivi essenziali per il ritorno ad una situazione iniziale, un mondo a globalizzazione rallentata in relazione alla pandemia, con un regime di scambio più ridotto, potrebbe accelerare il già manifesto interesse delle organizzazioni criminali, verso la distribuzione di sostanze sintetiche. Si tratta, infatti, di sostanze che non solo garantiscono guadagni più alti ma che sono anche meglio trasportabili e distribuibili. Non essendo, tra l’altro legate alle stagionalità ed ai problemi connessi alle produzioni agricole, potrebbero anche essere preparate localmente, sviluppando l’idea di nuovi prodotti mix che, almeno inizialmente, potrebbero essere più “rassicuranti” per i consumatori legati alle droghe tradizionali.

Fantascenari? Possibile: ho detto in premessa che le organizzazioni ed i sistemi sociali tendono a ritornare allo stato iniziale, anche dopo eventi catastrofici. Tuttavia questa considerazione è stata fatta in epoche diverse, rispetto a costruzioni sociali più statiche e meno “fluide” delle attuali. Oltre a ciò è probabile che alla pandemia seguirà un periodo di crisi economica. Chi avrà molte risorse, libere per gli investimenti, potrà condizionare i mercati. Le grandi organizzazioni criminali avranno, perciò, molti margini di manovra per condizionare, controllare ed appropriarsi delle attività dei territori, e gestire la loro influenza in ambito politico ed economico.

In tema di droga, tuttavia, se vorranno mantenere l’egemonia anche nei confronti di mercati, virtualmente a Km.0 e difficilmente controllabili fisicamente, come Internet, dovranno comunque rimodularsi, per garantire prodotti potenti, concorrenziali nei significati per cui si consumano e, contemporaneamente, a basso costo, per una clientela meno ricca che in passato.

Anche una certa tendenza verso la legalizzazione (per ora solo della cannabis) collegata alla necessità di aumentare gli introiti fiscali, per Stati sempre più sofferenti ed indebitati, potrebbe diventare un ulteriore elemento di mutazione degli scenari. Non per nulla, in gennaio, il fondo canadese Purpose Investments ha lanciato il primo Etf europeo sulla cannabis legale.

Vedremo.

A mio parere è probabile che in un prossimo futuro lo scenario della diffusione e del consumo di droghe si complichi ulteriormente, per la presenza di prodotti nuovi e diversi. In pratica la situazione pandemica e le sue conseguenze potrebbero accelerare, in questo ambito, un futuro che, almeno in parte, era già cominciato e che, a cascata, richiederà anche cambiamenti, nell’organizzazione del modo e del significato di curare e del prendersi cura.

Se vogliamo dare una corretta prospettiva alla ripresa dopo l’incubo che stiamo attraversando, dovremo ragionare anche di questi argomenti. I sistemi di intervento sulle dipendenze, nati nell’ultima parte del secolo scorso, sono ancora adeguati alla domanda, ma stanno gradualmente ripiegandosi in una situazione statica, posta a cavallo tra il controllo sociale e la salute mentale, che potrebbe non essere più adeguata ai tempi. A meno che non siano indirizzati al puro contenimento della cronicità, senza fare nulla per prevenirla.

Non vanno dimenticati, infatti due concetti, a mio parere fondamentali, su cui varrebbe la pena di riflettere.

Il primo è che le droghe sono tali, anche per il significato e per la funzione che alle stesse viene attribuito dalla società civile e da chi le consuma. Anche il significato della azione di cura, se finalizzata alla salute, deve pertanto essere coerente con il contesto sociale in cui si inserisce e non solo con lo stato dell’arte delle conoscenze scientifiche, peraltro in continua evoluzione.

Il secondo è che, probabilmente, aveva ragione Paul Valéry, scrittore e filosofo francese nell’affermare: “il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta”.

Proprio quel futuro che, ragionando sempre e solo sul presente e sulle contingenze del momento, ci coglie sempre impreparati.

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Riccardo C. Gatti