plug 3.0I nonni dicono: “Tutte le generazioni hanno avuto le loro droghe”. Già dicendo la parola “droga”, tuttavia, hanno in testa qualcosa di diverso dai loro figli e dai loro nipoti. Droghe veramente “nuove”, forse, non esistono ma cambia il loro significato.

Chi ha più di cinquant’anni, quando pensa alla prevenzione, immagina di prevenire l’uso di droghe illecite. Vive in un mondo generazionale in cui, normalmente, la droga illecita è un male assoluto mentre alcol e tabacco sono tollerati. E’ un mondo ben definito dove ci si può appellare ai valori educativi della scuola e della famiglia, dove lo spacciatore è sicuramente un nemico ed è chiaro, per principio, chi sono i buoni ed i cattivi. Si comporta di conseguenza quando è chiamato a costruire norme e regole.
Chi ha trenta o quarant’anni pensa diversamente. Fa dei distinguo: ci sono droghe e droghe. Pensa di “prevenire la tossicodipendenza” perché è nella dipendenza, più che nell’uso di droga, che intravede il pericolo. Mette cannabis, alcol e sigarette quasi sullo stesso piano. Se il figlio si fa le canne … non va bene ma, in fondo, vuol dire che è diventato grande. Se l’insegnante o il Prefetto lo chiama perché, forse, il figlio usa qualcosa … prima lo difende, poi si vedrà.
Per molti la “lotta alla droga” o la “guerra alla droga” sono ormai prodotti vintage: qualcosa di concluso alla fine del secolo scorso, quando il mercato passava dalla vendita al dettaglio alla “grande distribuzione”. Risultato: oggi si trova tutto, dappertutto, al costo che il consumatore si può permettere. Un mondo parallelo dove la droga diventa un possibile “doping” della vita quotidiana utile, più che altro, per aumentare le prestazioni nel lavoro, nel divertimento, nel sesso. Ma si tratta di un mondo già superato che invecchierà con le generazioni che lo stanno vivendo.
Veniamo ai ragazzi di oggi, i “nativi digitali”. Cresciuti nell’era di Internet, nei primi anni di vita vengono addestrati al consumismo e sfruttati come generatori di consumi per gli adulti. Sembrano simili ai genitori, pure loro allevati, almeno in parte, dalla televisione. Non è così. Appena raggiunta l’età di una minima indipendenza psicofisica sono connessi ad Internet. Diventano terminali di una convergenza multimediale che, senza alcun filtro tradizionale alla comunicazione trasmessa e ricevuta, è uno dei luoghi più importanti per la loro formazione, socializzazione e creazione di opinioni e stili di vita.
I “nativi digitali” escono dai tradizionali e rassicuranti canoni dettati dai format televisivi per ricostruire da soli cultura, linguaggio e regole di interazione sociale. La piazza è il social network; l’appartenenza è a tribù transculturali e transnazionali in continuo dinamico cambiamento.
Sempre meno controllati dai classici format di consumo dettati da una televisione, di cui sono orfani, diventano, con scelte nuove, capaci di condizionare i mercati tradizionali costruendo nuovi concetti di consumo e di prodotto.
E’ un mondo nuovo dove la droga = devianza, emarginazione, ribellione, suicidio è lontana nel tempo, collocata da qualche parte, in un passato remoto o in un presente parallelo che non li riguarda. Anche la droga “doping della vita quotidiana”, quella che serve sempre e comunque per fornire prestazioni a comando, per loro, sta diventando anacronistica. La vedranno invecchiare con le generazioni che li precedono in cui, comunque, l’uso di droghe è sempre più tollerato socialmente.
I “nativi digitali” sono già in una terza fase concettuale: la droga 3.0.
E’ una droga che, indipendentemente dalla specifica sostanza, non emargina e non è prestazionale diventando, invece, un mezzo per costruire “isole di piacere”. Da soli o in compagnia ci si altera anche profondamente e, poi, si torna al quotidiano: non più “doping” ma “narco-benessere”. Una sostanza vale l’altra per raggiungere lo scopo: questione di gusti, di momenti e di mode che non si ripetono sempre uguali. Anche l’alcol può essere usato come una droga.
E’ un andamento che potrebbe spaventare i tradizionali mercati delle droghe “classiche” di origine naturale la cui crescita sta già gradualmente rallentando. La loro speranza?  Forse l’eroina: una sostanza che, anche se fumata e non iniettata, potrebbe ricreare un parco di clienti sicuro e stabile perché formato da nuovi tossicodipendenti.
Il prossimo campo di battaglia tra mercati tradizionali ed emergenti delle droghe, comunque, si collocherà primariamente, nella Rete. Le droghe di origine naturale dovranno reggere la concorrenza delle droghe sintetiche e non sarà facile, considerando la lunga pipe-line  tra produzione e consumo che caratterizza le prime, rispetto alle seconde. Produttori e distributori cercheranno di ri-condizionare le opinioni e le scelte dei consumatori anche con strategie di marketing virale innovative e adatte ai nuovi media. Sarà una partita che si giocherà indisturbata se i “nativi digitali” continueranno ad avere famiglie che, pur rievocando gli antichi richiami ai valori simbolici della lotta alla droga (o alla dipendenza), continueranno a vivere, in altri mondi, paralleli sempre più virtuali e lontani. La droga 3.0 non è, nei significati e nelle intenzioni, “quella di una volta” ma potrebbe produrre danni anche peggiori delle “versioni” precedenti.

Riccardo C. Gatti 13.12.09